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1957 – Juan Manuel Fangio vince per la quarta volta consecutiva (quinta totale) il titolo mondiale di F1

Di
Redazione
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4 Agosto 2023

Fangio nacque in Argentina il 24 Giugno 1911, da una famiglia di emigranti abruzzesi, il padre Loreto era di Castiglione Messer Marino in provincia di Chieti e la madre Erminia Dérano di Tornareccio. Campione del Mondo con la Lancia Ferrari D50 nel 1956…
Intervista

Juan Manuel Fangio è stato il pilota di F1 più titolato della storia, fino all’avvento dell’era di Michael Schumacher. Il pilota argentino ha conquistato 5 titoli mondiali, in un’epoca in cui sopravvivere a fine stagione era veramente un impresa. Con auto estremamente pericolose e su circuiti molto insicuri, Fangio è riuscito a compiere delle imprese che lo hanno direttamente proiettato tra i miti dell’automobilismo. Oggi è ancora ritenuto uno dei quattro piloti più forti della storia e non solo grazie al palmarés per le vittorie ottenute. A torto non è ritenuto il più grande, forse perché le sue gesta uniche ed eroiche appartengono ancora ad un mondo di immagini in bianco e nero, che vediamo molto distante dal nostro.
La sua guida era pulitissima eppure le sue sbandate controllate riuscivano ad incantare il pubblico che lo ammirava sui circuiti di tutto il mondo. Era un uomo enigmatico, capace di vincere in F1 fino ad oltre 45 anni, età nella quale un pilota oggi di solito ha già smesso da un pezzo con le monoposto della massima categoria.
Fangio nacque a Balcarce sulla costa orientale dell’Argentina il 24 Giugno 1911, da una famiglia di emigranti abruzzesi, il padre Loreto era di Castiglione Messer Marino in provincia di Chieti e la madre Erminia Dérano di Tornareccio. Il giovane Juan Manuel, dopo aver fatto il servizio militare apre un’officina di riparazioni per auto e inizia a gareggiare all’età di 18 anni in gare locali alla guida di una vettura Ford derivata da un taxi.

Immagini
Per lui diversi anni di gavetta in massacranti maratone a tappe lunghe anche 10.000 Km. Grazie al suo talento riesce a vincere moltissime competizioni e porsi all’attenzione dei media argentini. Di lui si accorge anche il regime di Peron che dopo le vicende della seconda guerra mondiale, finanzia Fangio mandandolo a correre in Europa. Peron, fa acquistare due Ferrari una F.2 e una F.Libera dipingendole nel colore blu e giallo del paese sudamericano. Si dice anche che ci fosse anche una certa intesa tra il pilota e la premier dame, la carismatica Evita.
Le ottime prestazioni ottenute anche nel vecchio continente valsero a Fangio una chiamata ufficiale all’Alfa Romeo con la quale vinse il suo primo titolo nel 1951 a 40 anni, dopo essere arrivato secondo dietro a Nino Farina suo compagno di squadra l’anno precedente. Ormai da molti è ritenuto il miglior pilota in circolazione, ma c’è un avversario in particolare che non è in soggezione quando corre contro il campione argentino: Alberto Ascari. “Ciccio” come era chiamato nell’ambiente era allo stesso tempo temuto e rispettato da Fangio che ricorda come fosse difficile riuscire a battere l’italiano della Ferrari, fintanto che Ascari fu in vita.
Gli altri avversari non furono mai un problema, nemmeno l’arrembante Stirling Moss, astro nascente dell’automobilismo britannico. I due si trovarono insieme alla Mercedes nel 1955 e solo in un’occasione Moss, che aveva 18 anni meno di Fangio riuscì a sopravanzare in un Gran Premio il suo maestro. Ad Aintree durante il Gp d’Inghilterra Moss andò a vincere su Fangio, ma l’inglese non fu mai pienamente convinto del suo successo perché temeva che il compagno di team lo avesse deliberatamente lasciato vincere nel Gp di Casa per sua iniziativa. Fangio ha sempre smentito questa tesi scrivendo nel suo libro di memorie che quel giorno Moss fu più veloce di lui seppure per una sola mezza macchina al traguardo.. Per la cronaca fu quella la prima vittoria di un pilota britannico nel Gp di casa.
La longevità agonistica di Juan Manuel Fangio, è motivata anche dalla sua preparazione fisica e mentale. Aveva delle semplici regole, come dormire dodici ore a notte prima di una gara, non bere alcolici nelle due settimane precedenti alle competizioni, anche se l’unico vizio per così dire era un bicchiere di vino rosso a pasto quando non era impegnato in qualche Gran Premio. Il campione si rammaricava spesso di non poter essere come i suoi colleghi che tiravano tardi la sera facendo bisboccia, ma è anche vero che questo espediente gli consentiva di essere sempre freddo e lucido quando si trovava alla guida e di fare la differenza. Paradossalmente l’unico grande incidente della sua carriera lo ebbe nel 1952 a Monza, quando per arrivare in orario alla gara dovette guidare da solo da Parigi a Milano dopo un volo in Aereo dall’Irlanda dove era impegnato in un’altra competizione. Dormì circa due ore e arrivò stremato all’autodromo. La sua gara durò solo pochi giri e poi finì fuori pista rompendosi due vertebre. Il grave infortunio lo tenne lontano dalle corse per il resto della stagione.
A tutti gli effetti Fangio fu un precursore dei tempi, perché fu anche il primo pilota ad avere un vero e proprio manager che curava i suoi interessi sollevandolo da tutte le beghe burocratiche, come i contratti, legati al proprio mestiere. Il manager consigliò l’argentino di andare alla Ferrari nel 1956 dopo che nel 1955 la Mercedes con la quale aveva vinto il titolo decise di ritirarsi dalle competizioni. Enzo Ferrari ammirava Fangio come pilota, ma dichiarò in seguito di non essere mai risuscito a parlare per più di cinque minuti con il suo pilota guardandolo negli occhi, perché era sempre il manager ad andare a colloquio con il Commendatore. Questo aspetto irritava e non poco il Drake che spesso se ne lamentò. Fangio dal canto suo era convinto che Ferrari lo avesse ingaggiato non per vederlo vincere a bordo di una delle sue vetture, ma per farlo volutamente battere dagli altri piloti della Scuderia . Per il costruttore modenese come era logico intendere, l’immagine di Fangio offuscava quella della Scuderia e in tal senso volle dargli una lezione, perché prima veniva la macchina e poi il pilota…
Durante la stagione Fangio si mise pure in malattia dichiarando una sorta di patologia virale da stress e, questo inasprì di molto i rapporti tra i due. Ferrari in cuor suo però lo riteneva il migliore e acconsentì che Fangio avesse un suo meccanico di fiducia che mettesse le mani sulla vettura, durante le gare. L’argentino aveva paura anche dei boicottaggi interni e con questa ragione motivò tale scelta. In ogni caso a Monza quell’anno Fangio poteva ancora conquistare il mondiale con la Ferrari, ma un problema tecnico lo mise fuori gioco. Quando tutto sembrava perduto, l’altro pilota della scuderia, l’inglese Peter Collins anch’egli in lotta per il campionato, cedette la sua vettura a Fangio che diventò iridato per la quarta volta. Il gesto di Collins appare oggi molto discutibile, ma c’è da considerare che nonostante il clima interno molto teso gli altri colleghi avevano un rispetto enorme per il più blasonato compagno. A quei tempi per regolamento, si poteva scambiarsi la macchina con un altro pilota del team e Collins, riteneva di avere ancora tempo per diventare campione lasciando al vecchio maestro questa ultima possibilità. Purtroppo Peter Collins morì tragicamente un paio d’anni più tardi non coronando mai il suo sogno iridato.
Nel 1957 all’età di 46 anni Fangio divenne Campione del Mondo per la quinta volta, battendo ogni record. Sulla pista del Nurburgring alla guida della Maserati fu autore di una delle sue prestazioni migliori. Dopo essere stato costretto ad una sosta forzata ai box per un problema ad una ruota, recuperò su tutti gli avversari andando a vincere lungo i 23 Km dell’inferno verde dell’ Eifel e, abbassando di oltre 8 secondi il tempo della pole da lui stesso ottenuto ! Un vero record celebrato a fine gara da tutto il pubblico presente.

Nurburgring 1957

La sua carriera in F1 terminò nel 1958 ancora alla guida della Maserati, la scuderia che più di tutti lo aveva apprezzato fino a farlo sentire a casa propria. Durante il Gp di Francia l’ultimo disputato dal grande maestro, si verificò un episodio che rende alla memoria, quanto fossero diversi i piloti di un tempo rispetto a quelli moderni. Mike Hawthorn stava dominando la gara alla guida della Ferrari, quando all’ultimo giro si trovò davanti la Maserati di Fangio che stava per essere doppiato.

Onboard a Modena
Il biondo inglese del Cavallino però si rifiutò di doppiare il campionissimo lasciandogli tagliare il traguardo davanti a lui. Dopo la gara Hawthorn spiegò ai giornalisti che per rispetto e ammirazione del Maestro aveva desistito e non lo aveva infilato. Fangio non era mai arrivato doppiato, nemmeno nell’ultimo Gran Premio della sua vita da pilota di F1.
Il bilancio della sua carriera è stato da record, 24 vittorie su 51 gare disputate, 5 titoli mondiali, conquistati con Alfa Romeo, Maserati, Mercedes e Ferrari. 29 Pole position e 23 giri veloci. Inoltre segna il record assoluto di vittorie ottenute partendo dall’ultima posizione in griglia, un primato che probabilmente visti i regolamenti odierni rimarrà ineguagliato. Fangio era ammiratissimo da Ayrton Senna, perchè rappresentava la miglior alchimia tra senso della velocità e capacità di analizzare le situazioni anche nelle fasi più concitate di un Gran Premio.
Juan Manuel Fangio morì a Buenos Aires nel 1995 a 84 anni, e come scrisse nelle sue memorie ebbe il grande rammarico di non sapere quanto un pilota che moriva in pista al posto che nel suo letto potesse aver apprezzato di più una vita vissuta al limite. Una grande similitudine con quello che espresse molti anni prima di lui il grande Tazio Nuvolari scomparso nel 1953.

Fonte: formulapassion.it/

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