di Renato Costanzo Gatti
Stiamo lasciando il 2020, anno che non rimpiangeremo, anno nel quale il nostro debito è aumentato in modo enorme a causa della crisi Covid. Tutti questi ristori, per altro inevitabili, si trasformano in debito pubblico che toccherà ai contribuenti pagare, così come toccherà ai contribuenti futuri restituire i prestiti del Next Generation EU (NGEU), insieme alla copertura dei fondi perduti previsti dal NGEU (che tuttavia non costituiscono debito) che dovremo comunque ripagare anche se in misura inferiore a quanto abbiamo ricevuto.
Un governo lungimirante dovrebbe impostare un piano di utilizzo del NGEU che prospettasse investimenti produttivi in grado di ripagare il debito contratto. È ormai scontato che nell’economia moderna non si considera più il modello per cui gli investimenti sono finanziati con i risparmi. Nella corrente visione i debiti contratti, se ben investiti, calcolandone quindi il moltiplicatore, debbono essere in grado di generare entrate future atte a ripagare il debito contratto; il vero significato del NGEU è esattamente questo: i soldi che l’Europa presta andranno a carico delle prossime generazioni, è quindi responsabilità del governo e del parlamento farsi carico di investire i prestiti in modo che le prossime generazioni abbiano entrate sufficienti a ripagarli.
Purtroppo la storia del nostro paese è rappresentata da un debito che fino a ieri ammontava al 130% del PIL e in questi giorni si sta avviando al 160% e oltre. La storia del nostro paese, scolpita a chiare lettere nel debito pubblico, è una storia di spese improduttive scaricate sulle generazioni successive.
Dalle prime voci sulla legge di bilancio (lasciando a parte gli usi del NGEU di cui poco sappiamo) si legge purtroppo che stiamo perpetuando la nostra propensione a scaricare sulle prossime generazioni le spese improduttive che stanziamo oggi: una valanga di bonus di tutti i tipi; una fiera da paese dei balocchi che regala soldi a destra e a manca; un helicopter money per soddisfare tutte le richieste corporative di cui i parlamentari eletti si fanno portavoce; un assalto alla diligenza purtroppo ripetitivo in ogni approvazione della legge di bilancio; una fantasia sfrenata di promesse di bonus dalle bici ai rubinetti, dalle auto ai conciatori, dal cashback alla lotteria degli scontrini, dalle babysitter alle palestre.
Per quanto riguarda il NGEU segnali preoccupanti indicherebbero utilizzi ai fini fiscali mentre quei fondi andrebbero essere utilizzati solo per investimenti produttivi ad alto moltiplicatore. Vanno usati per un progetto organico che rivoluzioni il modello produttivo degli ultimi 30 anni; quel modello genera stagnazione (sciopero del capitale nella propensione all’investimento), disuguaglianza (sempre più poveri e poveri sempre più poveri), emarginazione (relegati all’ultimo posto in fatto di produttività). Non si può investire per aiutare le imprese che non ce la fanno o sono fuori mercato, bisogna investire in innovazione, in produttività, in nuove iniziative ben proiettate nel futuro lasciando affogare chi deve affogare.
Ma per fare ciò ci vorrebbe un governo che non c’è. Debole, contraddittorio, con partiti o partitini che giocano a risiko fregandosene del Paese, con i 5Stelle che vivono una contraddizione enorme (se volessero governare nell’interesse del paese dovrebbero negare tutte le ragioni per cui sono nati) ed il PD dove il segretario, “Fabio Massimo il temporeggiatore” (ancora in attesa della riforma della legge elettorale la cui approvazione gli era stata promessa entro fine settembre) ancora non si decide per una nuova Zama. Questo governo non ha la forza, né temo la capacità di gestire il NGEU con una logica programmatoria chiara, definita, finalizzata. Purtroppo il debito che lasceremo alle nuove generazioni potrebbe essere ingestibile.
L’Europa, dopo la sospensione del trattato di stabilità e sviluppo, dopo il positivo mutamento politico tradottosi nel NGEU, finito il 2021, finito l’anno di tregua, potrebbe tornare ad essere l’Europa di ieri. Vigilare che gli stati membri rimettano a posto i conti, rientro del debito, rispetto dei parametri sottoscritti a Maastricht, rispolvero del fiscal compact, rifiuto della “golden rule” di Delors. Approvazione del MES senza intervenire sui paesi mercantilisti che vedono in questo meccanismo la garanzia che i loro crediti da vendor finanzing verranno onorati (dagli altri paesi dell’unione).
Ed infine non dimentichiamo la corte costituzionale tedesca, che ha sì subito un alt alle sue preoccupazioni sull’osservanza dei trattati firmati, al dubbio sulla liceità degli azzardi di Draghi con il whatever it takes, ai suoi sospetti di non rispetto della proporzionalità infranta benché firmata coscientemente da tutti i paesi, ma che non appena finita la tregua tornerà a tutelare la costituzione tedesca con argomenti giuridicamente forti e difficilmente controvertibili.
Le previsioni per il nostro paese sono terribili: disastro economico, default di imprese e comuni, messe in pericolo le istituzioni democratiche, governi di destra, crisi dell’Europa, incapacità di mantenere la coesione del Paese stanti gli incerti confini tra governo centrale e regioni, proteste popolari di chi non vede più un futuro e quindi pensa solo al proprio io, polarizzazione delle ricchezze, riproduzione di un modello produttivo ignavo che vive del basso costo del lavoro.
Quest’anno possiamo sperare che il 2021 sia meglio del 2020, non lo stesso può dirsi per il successivo capodanno.