di Antonino Gulisano
Mentre scriviamo questa nota il Vicepresidente degli Stati Uniti d’America, Mike Pence, che presiede la seduta congiunta del Congresso e del Senato USA, i cui lavori sono ripresi durante la notte italiana, dopo essere stati interrotti dall’irruzione violenta dei sostenitori di Trunp, ha certificato il raggiungimento del numero di rappresentanti necessario per la ratifica dell’elezione di Biden alla Casa Bianca.
Resta, profonda e sanguinate, la ferita inferta alla democrazia americana dalla sommossa di ieri. In America è successo quello che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. L’assalto armato dei sostenitori di Trump a Capitol Hill, Washington, sede del parlamento statunitense, è stato già definito come un tentativo di colpo di stato.
L’era Trump della Presidenza USA è iniziata in modo non esaltante e sta finendo nel modo peggiore per una delle più grandi e significative democrazie occidentali.
Tutti ci stiamo interrogando su cosa è successo o sta succedendo in America.
A parlare per primo di un colpo di Stato è stato Chuck Schumer, leader dei democratici in Senato. Secondo il politico i sostenitori repubblicani che hanno espresso la loro contrarietà a ratificare i voti dei grandi elettori dell’Arizona “sostengono un tentativo di colpo di Stato”.
Ma Schumer non è l’unico esponente democratico ad accusare, più o meno velatamente, Donald Trump di intenti golpisti. “Stiamo assistendo a un tentativo di colpo di Stato istigato dal criminale della Casa Bianca. È destinato a fallire”, ha twittato il rappresentante democratico William Pascrell.
“Questa non è una protesta. Si tratta di un tentativo di colpo di Stato”, ha dichiarato Diana DeGette, esponente del Partito Democratico alla Camera dei Rappresentanti, denunciando “l’anarchia fomentata dal nostro stesso Presidente”.
Poco prima dell’assalto, il vicepresidente Pence aveva annunciato la sua volontà di non respingere i risultati delle elezioni, contravvenendo a quanto richiesto da Trump.
Questi i fatti. Risuonano le parole del Presidente eletto Joe Biden durante le ore più calde dell’assalto al Congresso: «Le parole del Presidente contano: nel caso migliore ispirano. Nel caso peggiore istigano. Il Presidente Donald Trump si faccia avanti, vada in TV e fermi questo assedio». Non solo, secondo il presidente eletto si tratta di «un attacco senza precedenti alla democrazia» e ha concluso: «Le scene di caos al Capitol non rappresentano chi siamo, non rappresentano l’America ma solo un piccolo gruppo di estremisti».
Molto tardivamente Trump ha ordinato l’intervento della Guardia Nazionale, come comunicato dalla Casa Bianca, ma qualcuno ha attribuito quest’ordine al suo vice, Pence.
Nel primo tweet a commento dell’ingresso dei suoi sostenitori al Campidoglio, Donald Trump ha raccomandato: «Per favore, supportate la nostra polizia e le nostre forze dell’ordine. Sono davvero dalla parte del nostro Paese. State tranquilli».
La vicenda cui stiamo assistendo merita alcune riflessioni. La prima è che la Democrazia degli USA non può imitare le democrazie populiste sudamericane, che hanno come punto di riferimento l’esperienza peronista in Argentina. Gli USA sono ancora il paese più forte economicamente e militarmente e quello tecnologicamente più avanzato nel mondo, non possono essere scivolare in unacondizione di decadenza democratica né assistere passivamente al tentativo diinstaurare un sistema di “oclocrazia” come quello descritto dallo storico grecoPolibio nelle sue Historiae, che risalgono al periodo dell’antica Roma repubblicana (per Polibio l’oclocrazia è l’estrema degenerazione della tirannia e della monarchia in governo in balia delle masse).
La seconda riflessione riguarda l’humus sociale e culturale che sta dietro agli ultimi avvenimenti, così come si è determinato nei quattro anni di presidenza Trump. Dal muro anti-immigrazione al confine con lo stato messicano alla decadenza economica e occupazionale causata dall’ostinata negazione dell’emergenza pandemica che ha fatto degli USA il paese con il maggior numero di vittime del Covid 19.
Altra considerazione: il sistema presidenziale americano, retto dalla Costituzione repubblicana più antica del mondo, contempla tutti i contrappesi di uno stato di diritto democratico. La presidenza Trump ha fatto scivolare la democrazia americana verso un sistema di presidenzialismo populista, in questo aiutata da una preponderante forza del capitalismo estrattivo e dell’ordo-liberismo finanziario.
Tutti gli uomini e le donne che amano la libertà, la tolleranza, la democrazia,hanno in questo momento cruciale l’obbligo civile di difendere la Democrazia partecipativa e rappresentativa, tanto più nella nostra Italia, che appare oggi la nazione più esposta ai venti populisti del trumpismo.