Se negli Stati Uniti il fronte conservatore inneggia a un secondo Vietnam contro il nuovo presidente Biden, in Italia il Ministro Di Maio cerca di supervisionare il rientro dei diplomatici e dei cittadini italiani da una spiaggia.
Recente è l’ipotesi di quest’ultimo secondo cui “i Talebani sarebbero stati disponibili ad offrire le dovute garanzie sul rispetto dei diritti acquisiti”.
Oggi gli stessi affermano che “la guerra è finita” (ricordiamo che furono proprio gli stessi Talebani ad aver ospitato Osama Bin Laden, progettatore dell’attentato dell’11 settembre e intento a governare l’Afghanistan a suon di lapidazioni e mutilazioni).
I dati per il nostro paese sono chiari : 53 nostri soldati caduti in combattimento; 700 i feriti.
In tutto ciò quasi 400 sono stati i collaboratori afghani che ci siamo lasciati alle spalle in un tentativo maldestro di organizzare un ponte aereo.
Il disimpegno, così come avvenuto, è stato un fallimento per tutto l’Occidente, per tutti noi.
Dopo 20 anni a cercare di “impiantare democrazie” abbiamo dimenticato lo scopo ultimo della pace e l’importanza della tutela del diritto alla vita.
Ci chiediamo quali rappresaglie adesso il futuro ci riserverà.
Ci chiediamo quale trattamento verrà riservato agli italiani e ai collaboratori alla fine di tutto ciò.
Ci chiediamo che fine farà la memoria dei nostri caduti, usati e poi dimenticati da una politica estera lacunosa e perbenista.
Quello che sappiamo è che i portavoce talebani continuano a promettere moderazione, ma Kabul è nel caos con le strade completamente bloccate per la popolazione in fuga.
Il punto più delicato è l’aeroporto internazionale dove migliaia di persone hanno preso d’assalto le piste nel tentativo di unirsi ai diplomatici e civili occidentali in fuga con i voli organizzati dalle loro ambasciate.
Sono 70 le persone ad oggi rientrate con il primo volo dall’Afghanistan, circa 50 fanno parte del personale diplomatico italiano, circa una ventina sono ex collaboratori afghani.
Dopo tutte le minacce e la violenza perpetrate è veramente inammissibile che non si sia lavorato a un piano di prevenzione prima che tutto potesse succedere.
È necessario, adesso, un maggiore coinvolgimento occidentale, in particolare dell’Europa tutta, al fine di garantire i diritti di tutti i cittadini afghani.
- * Responsabile Relazioni Internazionali di Confedercontribuenti