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Usura : per la Cassazione è nullo il patto col quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia

Di
Redazione
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4 Febbraio 2020

È nullo il patto col quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all’art. 2 della I. 7.3.1996 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali.

E’ questo il principio espresso da una recente ordinanza della Suprema Corte (Cassazione civile, sez. III, 30 Ottobre 2018, n. 27442. Est. Rossetti).

L’ordinanza rileva che poiché gli interessi possono essere pattuiti sia a titolo di corrispettivo della cessione d’un capitale (artt. 820, terzo comma c.c.; 1282 c.c., 1499 c.c.); sia a titolo della remunerazione d’una prestazione a pagamento differito (arg. ex art. 1714 c.c.); sia a titolo di mora (art. 1224 c.c.), la previsione secondo cui il giudizio di usurarietà possa riguardare gli interessi pattuiti “a qualunque titolo” rende palese che per la lettera della legge anche gli interessi di mora restano soggetti alle norme antiusura.

All’obiezione, propostasi in dottrina, secondo cui l’art. 644, comma primo, c.p., incriminando la sola dazione o promessa di interessi usurari, implicitamente limiterebbe il campo applicativo delle norme antiusura agli interessi corrispettivi, l’ordinanza non conferisce alcun pregio.

Se la corresponsione degli interessi di mora ha la funzione di tenere indenne il creditore della perduta possibilità di impiegare proficuamente il denaro dovutogli, anche gli interessi moratori costituiscono la remunerazione di un capitale, e rientrano nella previsione degli interessi “promessi o dovuti in corrispettivo di una prestazione in denaro”.

Interessi corrispettivi ed interessi convenzionali moratori sono ambedue soggetti al divieto di interessi usurari, “perché ambedue costituiscono la remunerazione d’un capitale di cui il creditore non ha goduto: nel primo caso volontariamente, nel secondo caso involontariamente”.

Tanto gli interessi compensativi, quanto quelli convenzionali moratori ristorano dunque, a parere della Suprema Corte, “il differimento nel tempo del godimento d’un capitale: essi differiscono dunque nella fonte (solo il contratto nel primo caso, il contratto e la mora nel secondo) e nella decorrenza (immediata per i primi, differita ed eventuale per i secondi), ma non nella funzione”.

Peraltro, aggiunge l’ordinanza, anche ad ammettere che gli interessi moratori abbiano lo scopo di risarcire il creditore, e quelli corrispettivi di ricompensarlo per il prestito d’un capitale, sul piano del diritto positivo, mancano sia norme espresse, sia plausibili ragioni giuridiche, che giustifichino un diverso trattamento dei due tipi di interessi quanto al contrasto dell’usura.

La pretesa diversità strutturale tra i due tipi di interesse, se pure non raramente affermata, costituisce un “aforisma scolastico”, non giustificata sul piano storico e sistematico. L’ampia formula degli artt. 644 c.p.; dell’art. 2 I. 108/96; dell’art. 1 d.l. 394/00, dimostrano, secondo questa prospettiva, “che la legge non consente distinzioni di sorta tra i due tipi di interessi, e tale conclusione è espressamente ribadita dai lavori parlamentari”.

La mancata previsione, nella legge 108/96, dell’obbligo di rilevazione del saggio convenzionale di mora “medio”, secondo l’ordinanza, “non solo non giustifica affatto la scelta di escludere gli interessi moratori dal campo applicativo della I. 108/96, ma anzi giustifica la conclusione opposta: il saggio di mora “medio” non deve essere rilevato non perché agli interessi moratori non s’applichi la legge antiusura, ma semplicemente perché la legge, fondata sul criterio della rilevazione dei tassi medi per tipo di contratto, è concettualmente incompatibile la rilevazione dei tassi medi “per tipo di titolo giuridico“.

Peraltro, anche la stessa Banca d’Italia, aggiunge la Suprema Corte, nella Circolare 3.7.2013, § 4, ammette esplicitamente che “in ogni caso, anche gli interessi di mora sono soggetti alla normativa anti -usura”.

L’ordinanza in esame ricorda che già Corte cost., 25-02-2002, n. 29, chiamata a valutare la conformità a Costituzione dell’art. 1 d.l. 394/00, cit., osservò che “il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori” (corte cost. 29/02, cit., § 2.2 del “Considerato in diritto”).

Allo stesso modo anche la Suprema Corte, già vent’anni fa, affermò: “nel sistema era già presente un principio di omogeneità di trattamento degli interessi [compensativi e mora tori], pur nella diversità di funzione, come emerge anche dell’art. 1224, 1° comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che “se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura”. Il ritardo colpevole, poi, non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla legge”.

Da ciò trasse la conclusione che la pattuizione di interessi moratori a tasso divenuto usurario a seguito della legge 108/96 è illegittima anche se convenuta in epoca antecedente all’entrata in vigore della detta legge (Sez. 1, Sentenza n. 5286 del 22/04/2000, Rv. 535967 – 01).

Il principio per cui le norme antiusura si applicano anche agli interessi moratori, è stato, sottolinea il provvedimento in esame, “in seguito ribadito da Sez. 1, Sentenza n. 14899 del 17/11/2000, Rv. 541821 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8442 del 13/06/2002, Rv. 555031 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5324 del 04/04/2003, Rv. 561894 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 10032 del25/05/2004; Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 25/01/2011; Sez. 3, Sentenza n. 9896 del 15/04/2008 (in motivazione); Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 5598 del 06/03/2017, Rv. 643977 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23192 del 4/10/2017. Dello stesso avviso è stata questa Corte anche in sede penale [Cass. pen. sez. II, 21.2.2017 (ud. 31.1.2017), n. 8448, in motivazione]”.

Conclusivamente, il Collegio, al fine di prevenire ulteriore contenzioso, svolge due notazioni finali. La prima è che il riscontro dell’usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l’usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi dell’art. 2 I. 108/96, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di “mora-soglia”, ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia. La seconda notazione è che l’applicazione dell’art. 1815, comma secondo, cod. civ. agli interessi moratori usurari “non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa: il che rende ragionevole, in presenza di interessi convenzionali moratori usurari, di fronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale”.

Fonte: ilcaso.it

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