La Corte d’Appello di Bari, con la recentissima sentenza n. 45 del 15/01/2020, ha analizzato in maniera estremamente incisiva le varie questioni sottese al tema delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI illegittimo, sottolineando, peraltro, la nullità totale delle stesse.
La Corte ha, in primo luogo, confermato il diritto di tutti (sia che si tratti di imprenditori, che di consumatori o di altri soggetti) a sollevare l’eccezione di nullità, per violazione della normativa antitrust, delle fideiussioni redatte secondo lo schema ABI.
I giudici d’Appello, invero, hanno sottolineato che “la disciplina dettata dalla legge del 10 ottobre 1990 n. 287, tutelando la libertà di concorrenza, ha come destinatari tutti i partecipanti al mercato, imprenditori come consumatori, in quanto potenzialmente portatori di un interesse alla conservazione del suo carattere competitivo”.
Il suddetto interesse sussiste, senz’altro, in capo a “coloro che stipulino un contratto che costituisca lo sbocco di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, i quali subiscano un evidente pregiudizio in conseguenza di quell’intesa, in termini di restrizione, se non di vera e propria elusione, del diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza”, a prescindere dalla qualità di “consumatori” di tali soggetti.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, peraltro, avevano già sancito tale principio con la sentenza n. 2207/2005 stabilendo che “la legge ‘antitrust’ 10 ottobre 1990 n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza e, dall’altro, che il c.d. contratto ‘a valle’ costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti”.
La Corte territoriale di Bari, inoltre, ha confermato il principio, già affermato dalla Cassazione, concernente la nullità del patto fideiussorio concluso in conformità ad un’intesa restrittiva della concorrenza (V. sul punto “La Cassazione si ripronuncia sulla nullità assoluta delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI vietato”https://www.bancheepoteri.it/2019/06/03/la-cassazione-si-ripronuncia-sulla-nullita-assoluta-delle-fideiussioni-omnibus-conformi-allo-schema-abi-vietato/).
Com’è noto, lo schema predisposto dall’ABI è stato dichiarato nullo dalla Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, perché contente clausole di “reviviscenza” in deroga all’art. 1957 c.c. e di “sopravvivenza” lesive della concorrenza, ai sensi dell’art. 2, comma 2, della legge Antitrust, cioè della legge n. 287/1990 (V. “La Nullità Assoluta delle Fideiussioni Omnibus” https://www.bancheepoteri.it/2019/05/02/la-nullita-assoluta-delle-fideiussioni-omnibus/)
Per giunta, la Suprema Corte, già nel 2017, con l’ordinanza n. 29810 del 12 dicembre, aveva stabilito che, “a prescindere dalla anteriorità del patto fideiussorio rispetto all’accertamento dell’illiceità dell’intesa” da parte della Banca d’Italia con il provvedimento del 2 maggio 2005, quel patto va dichiarato nullo “ogni qual volta il contratto di fideiussione costituisca l’applicazione del suddetto schema ABI”, e ciò in virtù del fatto che “se la violazione “a monte” è stata consumata anteriormente alla negoziazione “a valle”, l’illecito anticoncorrenziale consumatosi prima della stipula della fideiussione oggetto della presente controversia non può che travolgere il negozio concluso “a valle”, per la violazione dei principi e delle disposizioni regolative della materia (a cominciare dall’art. 2 legge antitrust)”(Cass. ord. n. 29810/2017).
Tale principio, peraltro, è stato ribadito con la più recente sentenza n. 13846 del 22 maggio 2019, secondo cui “ai fini dell’illecito concorrenziale di cui alla l. n. 287 del 1990, art. 2, rilevano tutti i contratti che costituiscano applicazione di intese illecite, anche se conclusi in epoca anteriore all’accertamento della loro illiceità da parte dell’autorità indipendente preposta alla regolazione di quel mercato”: ciò che rileva è solo che gli “artt. 2, 6 e 8 […] costituiscano lo sbocco dell’intesa vietata”, ovvero che inserendo tali disposizioni nei contratti (a valle), si attuano gli effetti della condotta illecita.
Secondo gli assunti della Cassazione, pertanto, “non avrebbe alcun senso affermare la nullità dell’intesa e, allo stesso tempo, la validità dei contratti stipulati in sua esecuzione”, come sostiene – appunto – anche la Corte d’Appello di Bari.
Invero, i giudici d’Appello ricordano una recente pronuncia dell’ABF di Milano del 4 luglio 2019, in cui è stato stabilito che “la diversa soluzione, che si limiti ad eliminare, con la comminatoria di nullità, il vincolo giuridico nascente dall’intesa illecita”, ma lasci sopravvivere intatti tutti gli effetti che l’intesa ha prodotto sul mercato in termini di contratti stipulati a valle dell’intesa stessa, “appare sicuramente molto poco coerente con gli obiettivi di difese e promozione del mercato concorrenziale che sono propri del diritto antitrust”.
La Corte d’Appello di Bari, dunque, conclude sancendo la nullità assoluta delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI, stante il carattere essenziale delle clausole riportate negli artt. 2, 6 e 8 del detto schema, sicché il vizio delle stesse determina la nullità dell’intero contratto ex art. 1419 c.c.
Ai sensi dell’art. 1419 c.c., invero, la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità.
Orbene, così come stabilisce l’ABF Milano nel provvedimento del 4 Luglio 2019 sopra citato, “la domanda che, nel caso di specie, occorre porsi è se in un mercato ragionevolmente concorrenziale (non falsato dalla presenza dell’intesa nulla) i contraenti avrebbero raggiunto ugualmente l’accordo sul contenuto del contratto pur mutilato delle clausole in questione”.
Secondo la Corte d’Appello di Bari, la risposta a tal quesito è “inevitabilmente negativa, trattandosi di clausole che intanto sono state giudicate dalla Banca d’Italia lesive della concorrenza in quanto incidono su aspetti essenziali del rapporto contrattuale”.
Segnatamente, la Banca d’Italia ha vietato tali clausole proprio perché queste, “imponendo al garante oneri diversi da quelli stabiliti dalle norme del codice civile, quali la rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. (art. 6) e la permanenza dell’obbligazione fideiussoria a fronte delle vicende estintive e delle cause di invalidità che possono riguardare il pagamento del debitore o la stessa obbligazione principale garantita (artt. 2 e 8), alterano significativamente l’assetto equilibrato degli interessi alla base della disciplina civilistica della fideiussione”.
La stessa ABI, infatti, nel difendere il mantenimento di suddette clausole, sostiene che si tratti di disposizioni in assenza delle quali non potrebbe attuarsi la funzione stessa della fideiussione omnibus, ovvero quella di “garantire alla banca l’effetto solutorio definitivo”, che “non potrebbe dirsi compiutamente realizzato qualora il pagamento del debitore fosse annullato, dichiarato inefficace o revocato” (provv. Banca d’Italia n. 55/05).
La funzione della fideiussione omnibus, pertanto, “verrebbe meno se le clausole più significative fossero eliminate dallo schema” (provv. Banca d’Italia n. 55/05), e ciò inevitabilmente conduce alla deduzione logica che la banca, senza le clausole nulle, non avrebbe accettato la fideiussione e, conseguentemente, il contratto non sarebbe stato concluso in assenza delle clausole stesse.
In virtù del suddetto assunto, dunque, la Corte d’Appello di Bari ritiene sussistente la nullità assoluta delle fideiussioni omnibusa causa del carattere essenziale proprio delle clausole nulle previste dallo schema ABI, illegittimo.
In conclusione, la sentenza in esame risulta un’importante pronuncia in materia di fideiussioni schema ABI, dal momento che chiarisce varie questioni sottese alla problematica affrontata e ribadisce con compiuta ed esauriente motivazione la nullità assoluta delle fideiussioni “a valle”, facendo ben sperare che anche altri giudici di merito si conformino a tale precedente!
Fonte: Bancheepotere.it