Le attività commerciali, le botteghe artigiane e gli esercizi pubblici “storici o di eccellenza” qualora “siano espressioni di identità culturale collettiva” possono essere classificati, “su istanza degli interessati”, quali beni culturali, “in tale ipotesi il ministero dei beni culturali può apporre vincoli di destinazione e obblighi di conservazione in capo ai soggetti proprietari degli immobili sede di beni o di attività definiti come culturali, tali da consentire il mantenimento della qualifica di storicità o di eccellenza”.
Arriva un decreto legislativo nel Consiglio dei ministri di oggi che ha l’obiettivo di valorizzare gli esercizi di vicinato e le botteghe che “presentano particolare rilevanza e importanza sotto il profilo storico, culturale e commerciale” del Paese.
Anche nelle scorse legislature i partiti hanno tentato di venire incontro a quelle piccole realtà che risentono della crisi economica soprattutto a causa del dilagare dei centri commerciali e della diffusione del commercio online. L’esecutivo ora punta a costituire un vero e proprio albo nazionale di queste attività per far sì che i comuni possano intervenire a dare un sostegno. I comuni potranno elencare – si legge nella bozza del provvedimento visionato dall’AGI – “le attività esistenti da almeno cinquanta anni, che siano connotati da un particolare interesse merceologico o culturale o storico o artistico o turistico o legato alle tradizioni locali, anche in connessione con le aree in cui sono insediati”.
Sarà il ministero del turismo a provvedere all’adozione di misure di valorizzazione e di campagne informative “rivolte al turismo nazionale e internazionale in favore dei negozi e delle botteghe storici e di eccellenza iscritti all’Albo nazionale, in coerenza con gli obiettivi del Piano nazionale per il turismo, anche mediante creazione di specifici circuiti merceologici o territoriali”. L’obiettivo è “contrastare” con “misure uniformi” quella che viene definita “desertificazione commerciale”.
Ma che cosa si intende per attività storiche di eccellenza? Quelle che hanno “svolto nello stesso locale, da almeno settanta anni continuativi, un’attività di produzione, somministrazione o vendita al dettaglio dello stesso settore merceologico”, quelle “gestite da almeno tre generazioni consecutive da una medesima famiglia”, quelle che sono “connotate da un particolare interesse storico, culturale, artistico, turistico o merceologico ovvero legato alle tradizioni locali”, le attività che hanno conservato “l’aspetto storico, gli interni e gli arredi, ivi comprese mostre, vetrine e insegne della ditta”. Ed ancora: “le strutture, gli interni e gli arredi connotati da una elevata qualità progettuale e dei materiali”. E che sono insediati in particolari zone territoriali. L’Albo sarà “gestito e alimentato” dal ministero delle imprese e del made in Italy mentre il ministero del turismo ne curerà “gli aspetti promozionali”, prevedendo, quindi, “iniziative e itinerari turistici volti a valorizzare” i negozi di vicinato e le botteghe artigiane.
L’albo verrà inserito in una specifica sezione del sito internet del ministero delle imprese e del made in Italy “con predisposizione di rinvii ai siti internet delle regioni e dei comuni”. Nel decreto legislativo si specifica che “in caso di subentro nella titolarità e nei locali sedi di attività commerciali, di botteghe artigiane ed esercizi pubblici storici” la qualificazione nell’albo “può essere mantenuta a condizione che i soggetti subentranti garantiscano la continuità nell’attività per quanto concerne il settore merceologico, le modalità di vendita o di produzione e, ove possibile, le caratteristiche strutturali dei locali”. “Periodicamente e comunque con cadenza annuale”, i comuni trasmettono alla regione o alla provincia autonoma di appartenenza gli albi comunali aggiornati, i dati vengono poi trasmessi al ministero delle imprese e del made in Italy. “Con decreto del ministero delle imprese e del Made in Italy, adottato di concerto con il ministero della cultura e con il ministero del turismo, d’intesa con la Conferenza unificata, sono stabilite – si legge ancora nel decreto legislativo visionato dall’Agi – le modalità con cui le regioni possono ampliare anche ad altre attività, o derogare a fronte di specifiche esigenze, i requisiti necessari per l’accesso alla qualifica di storicità delle attività”. (AGI)