Olimpia, siamo nell’anno 776 a.C. ai piedi del tempio dedicato a Zeus, il padre degli dei. C’è fermento e aria di festa: è in corso la cerimonia di apertura dei primi Giochi Olimpici della storia. É stata decretata l’Ekecheiria o tregua sacra in tutta la Grecia. Nessuna donna è presente, nemmeno come spettatrice. Le uniche ammesse davanti agli statuari concorrenti sono le sacerdotesse. Non è permesso alle donne non solo di partecipare, ma nemmeno di assistere ai Giochi.
Nemmeno ad Atene nel 1896, la prima Olimpiade moderna, le donne possono partecipare poiché De Coubertin vuole rispettare la tradizione classica, tuttavia c’è una competitrice non ufficiale alla maratona, una donna greca di umili origini conosciuta come Melpomene. Il nome reale è Stamati Revithi. Non le è consentito correre nella gara maschile, ma correrà da sola il giorno successivo. Nonostante questo gesto, non sarà ricordata nei medaglieri ufficiali (Olympic Women).
Per avere le prime presenze ufficiali delle donne, bisogna aspettare i Giochi di Parigi del 1900. Tra i partecipanti, oltre 600 uomini, solo un paio di donne comparirà in gara. Così, una tennista inglese, Charlotte Cooper diventerà la prima campionessa olimpica, vincitrice di cinque titoli individuali a Wimbledon.
Nonostante le prime presenze femminili, bisognerà aspettare le famigerate Olimpiadi del 1936 per considerare la donna come un’atleta e non un’amenità. Complice di questo cambiamento è il film Olympia della regista Leni Riefenstahl.
Le Olimpiadi di Berlino del 1936 sono assegnate dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) alla Germania prima dell’avvento al potere di Hitler. Lo storico Richard D. Mandell, autore di Storia culturale dello sport, ricostruisce le fasi di preparazione e di svolgimento della manifestazione che testimoniano la diffusione di una nuova concezione dell’attività agonistica, utilizzata ai fini dell’educazione patriottica e della propaganda politica. Le Olimpiadi del 1936 sono un evento cruciale nella storia dello sport e ci permettono di rievocare la grande macchina propagandistica messa in funzione dal regime nazionalsocialista: esaltazione della forza fisica tedesca, dell’amor patrio, comunicazione al mondo intero che la Germania distrutta e umiliata dalla sconfitta della prima guerra mondiale aveva ritrovato la sua naturale grandezza. Come prova della buona volontà dei nazisti sarà consentita la presenza nella squadra tedesca di Helena Mayer di origine ebrea.
I paesi partecipanti sono quarantanove per un totale di 3834 atleti di cui 328 donne. Anche l’Italia prende parte con la partecipazione di Ondina Valla nella specialità degli 80 metri ostacoli vincendo la medaglia d’oro.
Si annuncia come un avvenimento storico per lo sport femminile anche l’Olimpiade di Atlanta del 1996. Le donne musulmane parteciperanno ai giochi. Per la prima volta dopo la rivoluzione islamica del 1979, una donna farà parte della rappresentativa nazionale. La protagonista di questa piccola rivoluzione, assurta a simbolo della voglia di riscossa delle donne iraniane, si chiama Lida Fariman, una ragazza dal viso dolce che si trasforma quando imbraccia il fucile. Lida gareggerà nel tiro a segno, una delle poche discipline sportive che le iraniane hanno il permesso di praticare all’estero per non violare l’hejab, l’abbigliamento islamico, che impone alle buone musulmane di coprire tutto il corpo (polsi e caviglie inclusi) e i capelli.
Arriviamo agli anni duemila, precisamente al 2010 durante i Giochi invernali di Vancouver in Canada. Il CIO ha votato nel 2006 di non includere il salto con gli sci femminile nei Giochi del 2010. Il presidente Jacques Rogge ha sostenuto che la decisione “è stata fatta esclusivamente sulla base tecnica e assolutamente non per motivi di genere”. I membri della squadra femminile canadese di salto dal trampolino hanno presentato un reclamo insieme alla Canadian Human Rights Board accusando una discriminazione. Ancora oggi la questione non è definita nonostante l’impegno del Comitato Olimpico Internazionale di stare attento a eventuali discriminazioni.
Ed ecco Londra 2012. Per la prima volta dal 1984 il Qatar porterà le atlete donne alle Olimpiadi. Insieme a Brunei e Arabia Saudita il Qatar è l’unico paese a non aver ancora consentito la partecipazione delle donne. Lo sceicco Saoud bin Abdulrahman annuncia al CIO la partecipazione della nuotatrice Nada Arkaji e la sprinter Noor al-Maliki, vincitrice di due medaglie d’oro ai Giochi arabi e per questo eletta atleta dell’anno nel suo Paese.
Il 2012 sarà anche l’anno della boxe tinta di rosa grazie alla giovane Sadaf Rahimi, una giovane ragazza afgana affermatasi in uno sport prettamente maschile. Il pugilato femminile fa parte degli sport olimpici soltanto dal 2009.
La considerazione da fare in questo lungo percorso è che nello sport, donne e uomini sono fisiologicamente diversi. Numerosi studi scientifici sono stati fatti nell’ambito delle attitudini e dell’adattamento fisico nello sport di alto livello. Esistono, infatti, differenze legate alla costituzione, alla fisiologia che hanno delle conseguenze sull’adattamento allo sforzo da parte di entrambe. Ciò spiega anche le differenze di performance tra i due sessi. Le donne sono più piccole degli uomini poiché la loro massa muscolare è meno rilevante. Questo è dovuto alle secrezioni ormonali che differiscono tra i due sessi. Il sistema ormonale maschile secerne più ormoni sessuali che stimolano la produzione di testosterone. Quest’ultimo interviene nello sviluppo della massa ossea. Le donne, però, hanno più tessuto adiposo degli uomini, il che le favorisce nello sport come il nuoto sulle lunghe distanze, dove le donne superano gli uomini. Anche questo può essere spiegato con le differenze fisiologiche. Le donne che possiedono maggiori quantità di grasso sottocutaneo galleggiano più facilmente degli uomini, consumano meno energie nel muoversi nell’acqua e le loro gambe restano più in superficie, con una nuotata più idrodinamica. Un altro vantaggio delle nuotatrici è che il grasso le dota di un migliore isolamento termico. Tuttavia le atlete eseguono figure incomparabili a quelle degli uomini in ginnastica a terra ad esempio e le sfavorisce notevolmente in atletica e particolarmente nelle prove di salto. Esse praticano anche degli sport tipicamente maschili come il calcio, il judo, il rugby, la boxe, ecc.
Terminando quest’analisi, emerge che la fisiologia è alla base dei movimenti che caratterizza la performance sportiva, ma riprendendo il discorso principale della differenza di genere, bisogna tenere in considerazione che la parità e la non discriminazione devono essere obiettivi che formano parte integrante delle funzioni educative e sociali dello sport.
La “Carta dei Diritti delle Donne nello Sport” già nel 1985, proposta per la prima volta al Parlamento Europeo, evidenzia tali diseguaglianze nel campo dello sport rilevando l’importanza di rimuovere le barriere culturali che impediscono il reale coinvolgimento delle donne.
Anche il Libro Bianco sullo Sport emanato dalla Commissione Europea nel 2007 riporta una frase di Pierre de Coubertin in apertura al testo: “Lo sport è parte del patrimonio di ogni uomo e di ogni donna e la sua assenza non potrà mai essere compensata” ma a questa realtà non siamo ancora arrivati.
di Antonella Ioghà – fonte: scienzainrete.it/