Il 19 luglio il Senato ha approvato il disegno di legge di conversione in legge del Dl 69/2023 (“salva infrazioni”). Il testo, in discussione alla Camera, prevede all’articolo 1-bis per gli accordi di ristrutturazione, al fine di assicurare «adeguata tutela ai creditori pubblici non aderenti», l’applicazione dell’omologazione forzosa ai soli accordi di carattere non liquidatorio. Cosa più importante, la norma richiede che il credito degli altri creditori aderenti sia pari ad almeno un quarto dell’importo dei crediti e che il soddisfacimento dei creditori pubblici, compresi accessori e sanzioni, non sia inferiore al 30% (comma 2). Ove non sia rispettata la soglia di un quarto dei creditori aderenti (diversi da agenzie fiscali e gestori di previdenza obbligatoria), la proposta di soddisfacimento per i creditori istituzionali sale al 40% (comma 3).
La norma – che riguarda i soli accordi di ristrutturazione – preclude che il tribunale possa forzosamente sostituirsi ai creditori istituzionali – che non contraggono obbligazioni non negoziali ma ex lege – nell’approvazione dell’accordo, avuto riguardo al solo differenziale satisfattivo liquidatorio, ove l’accordo mostri un significativo squilibrio dello stock dei debiti scaduti rispetto agli altri debiti commerciali aderenti e non assicuri adeguato soddisfacimento ai creditori pubblici.
Si scoraggiano, con questa norma, “corse al ribasso”, in cui il debito fiscale e contributivo viene a costituire la quasi totalità (o, come avvenuto in alcuni casi, la totalità) dei crediti non aderenti, confidando nella scarsa celerità riscossiva di questi creditori, che non fruiscono di adeguati sistemi di monitoraggio dei crediti deteriorati. La disposizione ha chiaro sapore antielusivo, disegnando soglie di accesso forse troppo penalizzanti e che ricordano quelle che blindavano, sotto il vigore della vecchia disciplina, la proposta del debitore dalle proposte concorrenti (si veda l’articolo 163, comma 5 della legge fallimentare), ma che già l’articolo 90 del Codice della crisi ha ragionevolmente mitigato, abbassandole al 30% e al 20% in caso di accesso alla composizione negoziata. La norma chiarisce, poi, che il termine per l’opposizione decorre, per i creditori pubblici, dall’avviso da parte del debitore dell’intervenuto deposito dell’accordo di ristrutturazione con transazione fiscale (comma 4) e specifica che il termine per aderire alla transazione fiscale da parte dei creditori istituzionali è di 90 giorni dalla proposta di transazione (comma 5), così consentendo di depositare accordi di ristrutturazione condizionati all’assenso da parte delle Agenzie, tema sinora controverso in giurisprudenza (si veda Il Sole 24 Ore del 14 marzo 2023 e tribunale di Ferrara 28 giugno 2023).
Fonte: Il Sole 24 Ore