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La collaborazione esclude il reato di dichiarazione infedele

Di
Redazione
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3 Agosto 2023

Escluso il reato di dichiarazione infedele per chi aderisce al regime di adempimento collaborativo a condizione che l’impresa tenga un comportamento in tal senso e comunichi preventivamente ed esaurientemente i possibili relativi rischi fiscali. È questa una delle misure che emerge dalle modifiche approvate alla legge delega di riforma fiscale.

Già la versione originaria del Ddl prevedeva la rilevanza dell’adesione al regime di adempimento collaborativo rispetto al reato di dichiarazione infedele.

Veniva infatti prevista l’individuazione, da parte del legislatore delegato, di specifiche misure di alleggerimento delle sanzioni penali tributarie, e segnatamente quelle per la dichiarazione infedele, nei confronti dei contribuenti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo che avessero tenuto comportamenti non dolosi e comunicato preventivamente, in modo tempestivo ed esauriente, l’esistenza dei relativi rischi fiscali.

Ora, invece, si passa da «misure di alleggerimento», che lasciavano presagire una mitigazione dell’apparato sanzionatorio, alla esclusione del reato: tuttavia, per conseguire tale beneficio occorre un comportamento collaborativo e non più semplicemente «non doloso».

Così il reato di dichiarazione infedele (articolo 4 Dlgs 74/2000), secondo la nuova norma, non dovrebbe scattare in presenza delle seguenti circostanze:

•adesione al regime dell’adempimento collaborativo

comportamenti collaborativi verso l’amministrazione

comunicazione preventiva ed esauriente all’amministrazione dell’esistenza dei relativi rischi fiscali .

L’intento del legislatore appare chiaro: viene escluso il delitto di dichiarazione infedele, nei confronti di quei contribuenti che aderendo allo speciale regime si sono, in altre parole, “aperti” all’amministrazione, hanno condiviso con questa determinate scelte fiscali e contabili ed hanno comunicato esaurientemente i vari rischi fiscali tenendo quindi un comportamento collaborativo.

La nuova previsione sembra più costituire l’esplicitazione di una garanzia (giù implicitamente esistente nell’ordinamento) volta ad incentivare l’adesione al regime collaborativo, che una vera e propria novità sotto il profilo penale tributario.

Già oggi, infatti, il vigente sistema penale tributario escluderebbe la punibilità di quegli imprenditori che verrebbero a trovarsi nelle condizioni ora espressamente disciplinate, per almeno due ordini di ragioni:

1 la dichiarazione infedele, come tutti i reati tributari, costituisce un delitto (e non contravvenzione), con la conseguenza che è punito solo a titolo di dolo (elemento soggettivo) in assenza del quale il reato è escluso. Nella specie, ben difficilmente pare ipotizzabile una condotta dolosa in capo a chi, aderendo al regime collaborativo, abbia non solo tenuto un comportamento cooperativo ma addirittura comunicato i rischi fiscali relativi;

2 la vigente fattispecie del delitto di dichiarazione infedele al comma 1 bis (dell’articolo 4 Dlgs 74/2000) già prevede l’esclusione della responsabilità penale in presenza dell’indicazione in bilancio o in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, dei criteri concretamente applicati, o comunque in caso di violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali. Probabilmente in tale esclusione già oggi vi rientrano i contribuenti che optano per il regime collaborativo.

In presenza di comportamenti fraudolenti invece non verrebbe mai meno la punibilità dell’imprenditore, che resterebbe perseguibile a seconda della violazione commessa per dichiarazione fraudolenta con utilizzo di false fatture o con altri artifizi.

A questo proposito, mentre l’ipotesi di falsa documentazione non si presta a dubbi interpretativi, qualche perplessità si potrebbe presentare per la dichiarazione fraudolenta con altri artifizi caratterizzata, tra l’latro, da condotte simulatorie o da altri mezzi fraudolenti.

Si rischia, quindi, che, in presenza di illeciti ascrivibili ad imprese che hanno optato per il regime di adempimento collaborativo, gli addetti ai controlli provino a ricondurre dette violazioni nel campo della fraudolenza e/o della condotta simulata onde evitare l’esclusione della punibilità.

Sotto questo profilo sarebbe auspicabile che il legislatore delegato individui, nel modo più chiaro possibile, le violazioni “coperte” dalla nuova norma e non punite ai fini penali (cioè a dire quelle per le quali operi l’esclusione della punibilità) in modo da poter, conseguentemente dedurre, le condotte, che, al contrario, potrebbero essere perseguite rientrando nel più grave reato di dichiarazione fraudolenta.

Fonte: Il Sole 24 Ore