Agenzie di viaggio, queste emerite sconosciute.
Di Ettore Minniti resp. Nazionale settore turismo di Confedercontribuenti
Niente aiuti dallo Stato. Dai Decreti Ristori sono spariti i codici ATECO riguardanti le agenzie di viaggio, sembra che esse siano “figlie di un Dio minore”.
Si ai sexy shop, ai tatuatori, ai dogsitter, anche le agenzie di accompagnatrici equiparate, ai fini fiscali, alle agenzie matrimoniali e no alle agenzie di viaggio. Lo Stato si è dimenticato delle 10mila imprese che operano nel settore, con i suoi 80mila dipendenti, di cui il 70% è donna.
Un errore di valutazione imperdonabile.
Il settore è stato confinato in un lembo di dantesca memoria, ovvero l’orlo estremo della voragine infernale,
ove risiedono coloro che sono esclusi dalla salvezza.
Il turismo ha perso quest’anno 23 miliardi di euro secondo le ultime stime. In prima linea nel fornire servizi di qualità i tour operator e le agenzia di viaggio si sono visti esclusi inspiegabilmente dal primo Decreto Ristori. Gli operatori avevano la speranza di essere inseriti nel Ristori Bis dove ai primi 53 codici Ateco si sono aggiunti altri 57 ammessi ai contributi a fondo perduto tra il 100 e il 200%. Invece niente. Beffati su tutto il fronte, rimangono aperti (almeno nelle zone gialle) senza poter vendere nulla.
Imprese sull’orlo di una crisi di nervi. Anche quelle aperte non potendo vendere il loro prodotto, i viaggi, sono ferme da febbraio e, in alcuni casi, in difficoltà con i rimborsi, come quelli dei viaggi scolastici. Eppure dovranno pagare le tasse, i contributi, la rata IMU, e tutti gli altri balzelli.
Non possiamo sottovalutare la loro professionalità. Hanno lavorato durante il primo lockdown per assistere i clienti bloccati all’estero, per evitare sofferenze e disagi. Lo hanno fatto gratuitamente, con impegno diuturno (festivi compresi) e con la loro professionalità dimostrata, appunto, nel lenire le difficoltà incontrate dal viaggiatore.
Appare quindi un paradosso quelle delle agenzie di viaggio inutilmente aperte.
A queste si aggiungono le startup, nate tra il 2019 e il 2020, escluse dai provvedimenti. I ristori sono infatti calcolati sulla differenza di fatturato prodotto in determinati periodi. Il calcolo viene fatto con riferimento al periodo febbraio 2020 – luglio 2020 e al corrispondente lasso di tempo del 2019. Questo esclude dai recenti benefici le nuove imprese nate in questo periodo. Un rischio d’impresa non calcolato, con una pandemia dalle dimensioni planetarie.
Le Associazioni di categoria si stanno muovendo per porre rimedio ad una colossale ingiustizia, con una serie di richieste già fatte pervenire al Governo.
Confedercontribuenti è al loro fianco per smuovere le coscienze di una classe politica e dirigenziale disattenta perché sia riconosciuta la loro condizione di esclusi, affinché possano rientrare nei ristori, eliminando il vincolo del fatturato dalle misure predisposte dal governo.
Italia che va, ingiustizia che trovi.
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Fonte: Dal Quotidiano dei contribuenti
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