Roma, 1 set. – La scelta tra inflazione e crescita si fa più complicata in Europa e la Bce si trova ad affrontare un compito più difficile della Federal Reserve. L’inflazione nell’Eurozona sta scendendo ma in maniera meno rapida che negli Stati Uniti e la recessione fa paura, anche alla luce dei recenti dati economici. Ultima delusione in ordine di tempo l’andamento del Pil italiano nel secondo trimestre, rivisto a -0,4% dall’Istat.
L’attesa è, per il momento, di un ‘soft landing’ negli Usa e di qualcosa molto più vicino a un ‘hard landing’ in Europa, anche se su entrambe le sponde dell’Atlantico bisognerà agire con estrema cautela da qui in poi. Nonostante la migliore tenuta dell’economia a stelle e strisce e la dinamica dell’inflazione, che ha origini diverse rispetto a quella europea, le due banche centrali potrebbero optare entrambe per una ‘pausa’ a settembre. Gli esperti sono pronti a scommettere che il picco dei tassi sia stato raggiunto Oltreoceano e, nonostante in Europa il quadro sia più complesso, anche la Bce potrebbe rimanere ferma.
“Il compito della Fed – spiega Fabrizio Pagani, economista e senior advisor di Vitale & Co, ex capo segretaria tecnica del Mef – è più semplice perché sembra essere riuscita a ottenere il ‘soft landing’, ovvero la discesa dell’inflazione senza portare l’economia in recessione. La Bce ha invece delle scelte più difficili da prendere e non sono così convinto che alzerà i tassi nella prossima riunione: il mercato adesso sta prezzando un rialzo attorno al 20%, quindi non è più così sicuro come prima che la banca centrale agisca, anche perché gli ultimi dati dell’inflazione confortano, mentre preoccupano di più quelli della recessione. La partita è molto aperta, non saprei sbilanciarmi se lo faranno o meno. Può essere che entrambe le banche vadano a una pausa; per la Fed è molto più probabile. Negli Stati Uniti il picco dei tassi potrebbe essere già stato raggiunto, in Europa è più difficile dirlo, ricerche di importanti banche d’affari dicono che sarebbe stato toccato ma ci sono opinioni di mercato divergenti su questo aspetto”.
E nel caso in cui la Bce procedesse con un nuovo rialzo dei tassi, i rischi per l’economia sarebbero concreti, secondo Pagani. “Tutti si domandano in che tempi questa stretta monetaria avrà effetto. Certo, in questo momento i finanziamenti per le imprese, anche le migliori, sono divenuti molto onerosi, quindi un ulteriore rialzo potrebbe effettivamente avere conseguenze negative per l’economia”, sottolinea l’economista.
“La situazione negli Stati Uniti e in Europa – osserva ancora Pagani – è sostanzialmente differente perché negli Usa l’inflazione è scesa più rapidamente e profondamente che in Europa e, allo stesso tempo, l’economia va molto bene con un secondo trimestre molto forte, oltre il 2% di crescita. E anche per il terzo trimestre la crescita dovrebbe rimanere molto robusta, quindi potrebbe essere un anno estremamente positivo per l’economia americana. Inoltre, avendo la Fed alzato i tassi in maniera importante negli ultimi mesi, i tassi reali, ovvero i tassi nominali al netto del tasso d’inflazione, sono ampiamente positivi”.
Secondo l’economista, “il quadro in Europa è diverso perché, da un lato, l’inflazione sta scendendo, e anche gli ultimi dati lo hanno confermato, quindi la politica della Bce sta avendo effetto ma in maniera meno rapida, e, dall’altro, l’economia dà forti segni di stagnazione. La Germania è sicuramente in stagnazione, e in Italia i dati sono altalenanti come dimostra anche la revisione del Pil del secondo trimestre. La crescita sembra che si sia fermata nel nostro Paese anche per il terzo trimestre. Inoltre, la situazione dei tassi reali in Europa non è quella degli Stati Uniti”. (AGI)