Cashback: scommessa che si poteva evitare?
di Irene Milazzo
Una delle mosse del Governo per combattere l’evasione fiscale è stato quello di introdurre il cashback di Stato. Tale misura è stata inserita nella manovra finanziaria del 2020 ma è entrata in vigore dal 1 gennaio 2021. Il cashback di Stato consiste nella restituzione del 10% della spesa sostenuta da parte i consumatori finali (escludendo gli acquisti effettuati per l’esercizio di imprese arti e professioni) utilizzando carte o app di pagamento; tale rimborso avviene semestralmente, per un massimo di 150 € e se vengono effettuate un minimo di 50 operazioni nel semestre. Accanto a questo rimborso è previsto anche il super cashback, ovvero un premio di € 1.500 che viene erogato ai primi 100.000 consumatori che hanno effettuato più operazioni con le carte di pagamento o app di pagamento nel semestre. Non è necessario un importo minimo spesa ma viene riconosciuto un importo massimo di rimborso, pari a 15 € a transazione.
Per incentivare gli acquisti durante il periodo natalizio, vista la chiusura forzata subita da molti negozi di vicinato, a causa della pandemia da Covid-19, il Governo ha anticipato al mese di dicembre 2020 il cashback (chiamandolo “Cashback di Natale”) prevedendo la restituzione del 10% della spesa effettuata tramite gli strumenti di pagamento già citati, fino all’importo massimo di 150 €, con un minimo di 10 acquisti e per ogni acquisto viene restituito un massimo di 15 €.
Sembra che il Cashback natalizio sia stato molto gradito dai consumatori, in quanto oltre 5 milioni di consumatori hanno aderito, mentre c’è stato sicuramente meno apprezzamento da parte dei commercianti che lamentano, a torto o a ragione, oneri eccessivi sulle transazioni degli incassi riscossi tramite pos. Proprio per andare incontro a questo problema, il Governo da luglio 2020 ha previsto un credito di imposta del 30% sulle commissioni applicate su tali transazioni. Il credito così formulato rischia di non avere molto appeal in quanto il credito deve essere rilevato mensilmente e si rischia di avere tanti mini crediti da utilizzare in compensazione tramite F24 e può diventare molto oneroso in termini di tempo speso sia per il calcolo del credito maturato che per il suo utilizzo tanto da farne perdere la convenienza. Sicuramente una soluzione per rendere più appetibile tale misura è quella di proporre un credito calcolato sul totale annuo delle transazioni anziché mensile.
Tornando alla misura del cashback, la sua ratio è ovvia: incentivare l’utilizzo della moneta elettronica così da indurre gli esercenti a “battere” lo scontrino ed evitare il cosiddetto “nero”.
Credo che il Governo non abbia considerato un po’ di cose. La prima riguarda il comportamento degli esercenti, considerazione già sollevata quando si è introdotto “l’obbligo” del pos a tutti i titolari di partita IVA. Il commerciante al dettaglio che non ha avuto bisogno ad oggi del pos il quale oramai è uno strumento diffusissimo (vuoi perché la sua clientela abituale non utilizza le carte o perché a causa degli importi bassi per singolo incasso si preferisce l’utilizzo del contante), non ne ravvede comunque il bisogno anche se incentivato. Dal lato del consumatore, invece, non sostenendo costi effettivi la convenienza è massima anche considerando il fatto che ormai, a parte per le piccole spese, è consuetudine l’utilizzo delle carte per effettuare i pagamenti. Pertanto la maggior parte degli aderenti può ottenere il rimborso senza cambiare le proprie abitudini di metodologia di pagamento, cosa che invece auspicava il Governo con tale misura.
Ultima considerazione è che non c’è una garanzia sull’emersione del nero, così il cashback si rivela a tutti gli effetti una scommessa che forse, visto quanto detto, poteva essere evitata.
Vista la scadenza della misura al 30 giugno 2022 va da sé che essa è sperimentale e, pertanto, si presuppone che ci sia a posteriori una verifica della sua efficacia, ma non si sa come lo Stato intende effettuare i controlli su quanto incassato tramite carte e se c’è un miglioramento per le casse dello Stato in termini di gettito fiscale. Si rischia di fornire cifre molto inesatte o solamente stime.
Parlando di cashback non si può non menzionare la lettera pervenuta al Governo dalla BCE. Seppur condividendo appieno quanto scritto e che la critica costruttiva è sempre ben accetta, in particolar modo quando si rischia di perdere la visione del sistema monetario, sinceramente penso che la BCE si è mossa in maniera tardiva visto che il cashback era stato già promulgato nella manovra di dicembre 2019. E pensare che l’Europa è sempre molto puntuale sul redarguire il nostro Paese, quando vuole!
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Source: Da QdC ad Imprese
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