Nel terzo trimestre l’export verso Berlino è sceso del 5,4%
Di Rita Querzè
Cala l’interscambio commerciale tra Italia e Germania. Nei primi nove mesi del 2023 il dato registra un meno 1% a 124,2 miliardi. Ma se si guardano i singoli trimestri uno per uno, si scopre che la frenata decisa è nel terzo trimestre dell’anno: l’interscambio con la Germania è sceso infatti del 3,8%, le nostre esportazioni verso Berlino sono diminuite del 5,4%, passando da 18,6 a 17,6 miliardi. In tre mesi è venuto meno un miliardo di export tondo tondo.
Il fatto che il Pil della Germania sia sceso dello 0,3% nel 2023 portando il Paese in recessione non è per l’Italia una buona notizia, visto il grado di interconnessione tra due economie. Rassicura Jörg Buck, consigliere delegato di Ahk Italien, la camera di commercio italo-germanica: «Si è creata una sorta di Deutsche Angst, paura del rallentamento tedesco, ma si tratta più che altro di una fase di incertezza, per superarla serve soprattutto un orientamento chiaro sulle politiche industriali. Puntiamo molto sul piano di azione tra Italia e Germania firmato dai nostri rispettivi capi del governo lo scorso novembre, ora l’importante è non perdere la bussola in vista della campagna elettorale europea perché l’Europa è cruciale per entrambi i Paesi. Dovremo ristrutturale le nostre economie insieme e con una strategia coordinata».
Per quanto riguarda i settori, uno degli ambiti più a rischio è quello della componentistica per l’auto, che ha come primo approdo proprio in Germania. Per ora, nessun terremoto: secondo i dati Anfia nei primi dieci mesi dell’anno non si sono avuti contraccolpi, la situazione è abbastanza stabile. Per quanto riguarda le macchine utensili, i preconsuntivi 2023 di Ucimu parlano di 335 milioni di export verso la Germania nel 2023, +10% rispetto al 2022. «La Germania è il nostro secondo mercato di sbocco — fa il punto la presidente di Ucimu Barbara Colombo —. Con le associazioni dei produttori tedeschi dobbiamo capire se favorire un partenariato per reagire alla crisi aggredendo mercati nuovi. A breve terremo un forum allargato a Berlino».
Per quanto riguarda i territori, interessante il punto di osservazione dell’Emilia Romagna, regione con la più alta quota di export procapite. «La nostra produzione è diversificata su 20 importanti filiere, inoltre esportiamo in tutto il mondo. Questo ci aiuta. Certo, la Germania si è potuta permettere di avere un costo del lavoro del 30-40% superiore al nostro anche grazie al fatto che un pezzo dei suoi prodotti sono in realtà fatti in altri territori a prezzi più bassi», dice Walter Caiumi, presidente di Confindustria Emilia, imprenditore con attività importanti anche in Germania. «Se il tuo più importante cliente ha un grosso problema, che cosa fai? La risposta è semplice: cerchi di diversificare e vendere i tuoi prodotti anche a qualcun altro. E’ quello che stiamo facendo noi adesso», spiega Mario Gnutti, alla guida dell’azienda di famiglia, la Carlo Gnutti spa nel settore della componentistica, oltre che vicepresidente di Confindustria Brescia. «Ma in realtà anche i capofiliera tedeschi stanno riorganizzando la loro catena del valore andando a produrre dove trovano costi che garantiscono competitività — continua Gnutti —. Non siamo di fronte a una crisi congiunturale ma strutturale. I tedeschi in ogni caso hanno tutte le carte per uscirne forti come prima. Ma serve tempo».
Fonte: Corriere