Boom dell’export (+9,4%) e investimenti in crescita Ma l’industria frenerà
La crescita delle esportazioni. E quella degli investimenti, anche se in questo caso nel 2023 servizi e industria potrebbero mostrare andamenti diversi. Questi due elementi sono la base dell’analisi sull’economia reale della Banca d’Italia che mette in risalto anche l’importanza di tenere alto il ritmo della spesa in innovazione per accompagnare una risalita della produttività del lavoro.
La relazione annuale evidenzia che nel 2022 l’accumulazione lorda di capitale si è ampliata del 9,4%, superando di quasi un quinto il livello del 2019. «Nell’ultimo biennio gli investimenti sono cresciuti di oltre il 20 per cento, segnando una netta cesura rispetto alla protratta fase di debolezza seguita alla crisi finanziaria globale» ha annotato il governatore. La quota degli investimenti sul Pil è salita al 21,5% e la dinamica positiva ha caratterizzato le costruzioni come gli acquisti di beni strumentali.
In generale però, secondo l’indagine Invind di Banca d’Italia, nel 2022 gli investimenti sono cresciuti soprattutto tra le imprese dei servizi con un numero di addetti compreso tra 200 e 499. E per il 2023 i programmi delle aziende, pur prefigurando nel complesso ancora un aumento della spesa in conto capitale, mostrano andamenti eterogenei tra settori: al visibile rialzo nei servizi si contrappone, secondo le previsioni, una decisa flessione per la manifattura, frenata soprattutto dalla minor spesa delle aziende più piccole.
Poi c’è lo spaccato relativo all’innovazione, che si presta a differenti valutazioni. Se da un lato c’è un buon tasso di crescita, dall’altro l’Italia non riesce a ridurre i divari internazionali. Nel 2022 gli investimenti lordi in prodotti della proprietà intellettuale sono saliti al tasso più elevato dal 2016 (4,5%, dall’1,4 nel 2021), più che in Germania ma meno che in Spagna e Francia. Il contributo principale è arrivato dalle spese in ricerca e sviluppo, cresciute del 5,8 per cento (2,7 nel 2021). Nonostante i recenti miglioramenti, però, resta il ritardo, con una spesa in rapporto al Pil che è dell’1,5%, circa 1,7 e 0,7 punti percentuali in meno, rispettivamente, di Germania e Francia. Anche sulla proprietà intellettuale Banca d’Italia segnala una zona grigia. Secondo i dati dell’European patent office, le domande di brevetto da parte dei richiedenti italiani, dopo la crescita nel biennio 2020-21, sono scese dell’1,1% lo scorso anno.
Sul fronte delle esportazioni, invece, l’andamento si conferma positivo pur con una evidente differenza tra valori e volumi dovuta all’effetto inflazione. Nel 2022 l’aumento annuo delle vendite all’estero di beni e servizi è stato del 9,4% in volume e più del doppio, il 21,4%, in valore. In particolare, la componente di beni è cresciuta del 6,1% in volume, più che negli altri principali Paesi dell’area dell’euro. Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, rapportato allo stesso periodo del 2019, l’incremento è stato dell’11,4% rispetto al 2,9% della Germania, al 6% della Spagna e al -3,2% della Francia. Tre i fattori che, secondo Banca d’Italia, hanno permesso lo scatto in avanti: il guadagno di competitività di prezzo delle imprese italiane, una moderata esposizione allo stress delle catene globali di approvvigionamento e la quota contenuta di esportazioni riconducibili ai settori a elevata intensità energetica, che sono stati più penalizzati dai rincari di gas e petrolio. Una crescita sostenuta ha caratterizzato anche le importazioni, salite dell’11,8% in volume e del 35,9% in valore.
Per quanto riguardo il conto corrente della bilancia dei pagamenti, per la prima volta dal 2012 il saldo ha registrato un disavanzo (-1,2% del Pil), a causa del forte peggioramento della bilancia energetica.
FONTE: IL SOLE 24ORE