La corsa delle banche, almeno di alcune banche, i solleciti dell’Abi, la spinta del governo non sono bastati a far decollare i prestiti vitali per le Pmi. Anche gli sforzi per per mettere a punto le piattaforme del Fondo centrale di garanzzia delle Pmi e della Sace non sono bastati, evidentemente. La liquidità promessa dal Decreto del governo è arrivata più o meno «immediata» solo per pochi. E non solo perchè il grosso delle dole domande è rimastro impigliato nella burocrazia nonostante la garanzia pubblica al 100%. Ma anche perchè molte microimprese non sono nemmeno “bancabili”, cioè hanno un’esposizione a monte che non consente loto di ribussare alla porta delle banche. Così risulta che i mini prestiti fino a 25 mila euro introdotti dal «decreto liquidità» a sostegno dei liberi professionisti, dei lavoratori autonomi e delle Pmi non hanno riscosso l’interesse sperato. Almeno sino ad ora è questo il bilancio steso dalla la Cgia di Mestre. Fino allo scorso 30 aprile le banche hanno fatto pervenire al Fondo di garanzia del Mediocredito Centrale 45.703 mila domande. Ma se si tiene conto che la platea delle imprese e dei liberi professionisti interessati per legge da questa misura è costituita da oltre 5.250.000 attività, vuol dire che solo lo 0,9% ha fatto ricorso alla misura. Non è da escludere che il numero ufficiale (45.703) pervenuto al Fondo sia sottostimato. Molte richieste, infatti,sono ancora in fase di lavorazione presso le banche. Tanti imprenditori, infatti, hanno inviato la domanda non correttamente e sono stati invitati a modificarla/integrarla. Pertanto, se conteggiassimo anche le richieste che sono «bloccate» presso gli sportelli bancari che ammonterebbero a circa 250 mila, l’incidenza percentuale delle aziende interessate dal micro prestito rimarrebbe comunque bassissima. Una percentuale del 5,6%.