Il 16 novembre scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo che mira a potenziare la cooperative compliance, seguendo i principi della legge delega e apportando modifiche al Dlgs 128/2015. L’obiettivo è chiaro: migliorare l’efficacia del sistema integrato e fornire un quadro più dettagliato dei rischi fiscali aziendali.
Un punto centrale è l’articolo 4, che sottolinea l’importanza di una mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi aziendali. Questo concetto si basa sul tax control framework (Tcf), che richiede un’analisi dettagliata dell’azienda per identificare i rischi fiscali specifici che potrebbe affrontare. Tuttavia, la mappatura dei rischi derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente sembra meno chiara, poiché il rischio fiscale è strettamente legato all’interpretazione delle norme da parte del contribuente.
Interessante è l’approccio al Tcf e alla sua certificazione. I professionisti indipendenti incaricati di questa certificazione devono già possedere una specifica professionalità, ma la definizione precisa di questo requisito verrà delineata nei regolamenti del Mef in collaborazione con il ministero di Giustizia.
Nel contesto di cooperazione, l’articolo 6 prevede meccanismi di regolarizzazione della posizione del contribuente in caso di adesione alle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate che richiedono ravvedimenti operosi. La novità qui è la sostituzione del decreto del Mef con un regolamento, coordinando con la procedura di interpello abbreviato.
Una significativa inversione di prospettiva riguarda la comunicazione preventiva dei rischi fiscali da parte del contribuente. La non applicazione delle sanzioni (attualmente ridotte a metà) è ora possibile se il contribuente comunica i rischi fiscali tramite interpello o comunicazione di rischio prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali. Questo passaggio da un approccio ex post a uno ex ante richiederà una revisione della mentalità aziendale.
Altro elemento di rilievo è la riduzione delle sanzioni in caso di rischio fiscale non significativo e comunicazione del rischio pregresso entro 120 giorni dalla notifica del provvedimento di ammissione al regime di cooperative compliance.
Il decreto introduce anche una riduzione di due anni dei termini di accertamento, che si estendono di un anno con la certificazione tributaria. È da notare l’esclusione del penale tributario per gli atti attivi.
Un ulteriore slancio alla procedura è dato dall’ampliamento soggettivo, includendo soggetti con un volume di affari o ricavi non inferiore a 750 milioni di euro per il 2024 (500 dal 2026 e 100 dal 2028). Si considerano anche i soggetti in consolidato fiscale con uno già in cooperative compliance e la possibilità di nuovi investimenti, indipendentemente dai requisiti dimensionali.