Metaforicamente è come se Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni ed Angelo Bonelli fossero saliti su un Italo diretto a Foggia, a sparlare dei lanzichenecchi del governo. Di fronte alla proposta della maggioranza (il presidente della commissione lavoro della Camera Walter Rizzetto) e della stessa presidente del Consiglio di aggiornare la discussione all’autunno, i giallorossi rispondono, anche un po’ piccati, ‘niet’, che è un po’ come dire, ‘la destra non sa neanche chi sia Proust’. Quindi il tema principale dell’estate militante uscirà di scena per qualche mese, la maggioranza è in grado di rinviare la seduta già fissata sul salario minimo domani alla Camera e di congelare la situazione fino al 25 settembre, emendamento soppressivo compreso.
A rigore sembrerebbe un punto a favore del dialogo, eppure il presidente dei senatori Pd sembra offeso: “L’ordine del giorno che presentano sul salario minimo denota il loro dietro-front. Sono passati dall’Urss, dall’assistenzialismo, al salario minimo che fa male al mondo del lavoro, all’odg di oggi che tenta di dire ci ‘siamo anche noi, ma non come voi’”. Ovvero, nessun rilancio sulla proposta di Giorgia Meloni, “Il 28 si va in Aula e poi vediamo”, precisa puntuto Arturo Scotto.
Il sospetto è che il salario minimo sia un’ottima bandierina per le Feste dell’Unità e per i comizi di piazza, e che Pd e 5 stelle non abbiano alcun interesse ad approfondire l’argomento e ad incunearsi in eventuali divisioni della maggioranza, soprattutto tra Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Insomma una rievocazione dello slogan sessantottino del ‘Vogliamo tutto e subito’, che riecheggia anche nelle parole di Nicola Fratoianni: “Non è più il tempo di scappare, si vada in aula e si discuta”. È un po’ come se il Parlamento fosse una sorta di Hyde Park, e le ragioni della propaganda dovessero prevalere sempre su quelle del compromesso che si può trovare in Aula. Il precedente che torna alla mente è la gestione del celeberrimo ddl Zan, anche se allora il segretario era Enrico Letta, e non Elly Schlein.
Ieri d’altra parte era stato l’economista Carlo Cottarelli sul Corriere della Sera a minare uno dei capisaldi del disegno di legge di Pd, 5 Stelle, Avs, Azione, Più Europa. “C’è un’anomalia in questa proposta che in nessuna legge degli altri Paesi c’è. Ed è l’aver fissato, sia pur in via temporanea e con valori decrescenti, un sussidio alle imprese nel caso sia necessario adeguare il salario per portarlo ai 9 euro l’ora”, dice l’ex senatore e conclude: “Non ha senso che lo Stato ci metta dentro i soldi pubblici, non capisco la logica”. Non a caso, uno degli aspetti discutibili della proposta di legge, che hanno spinto Italia Viva a non accodarsi alle altre opposizioni.
Editoriale da Il Riformista