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La vera prova dell’Europa deve ancora venire

Di
Redazione
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13 Luglio 2023

Il con­ti­nente farà mai sul serio la pro­pria sicu­rezza?

Radek Sikor­ski Radek SIKORSKI è un mem­bro polacco del Par­la­mento euro­peo ed è stato Mini­stro della Difesa, Mini­stro degli Esteri e pre­si­dente del Par­la­mento polacco.

Non è ancora chiaro se l’Ucraina vin­cerà la guerra, ma la Rus­sia sta sicu­ra­mente per­dendo. Su ogni para­me­tro del potere nazio­nale, la posi­zione di Mosca è peg­gio­rata dall’ini­zio dell’inva­sione, e que­sto cam­bia­mento ha già spo­stato la posi­zione di altre potenze glo­bali. Gli Stati Uniti e la NATO sono diven­tati più cre­di­bili. La Cina ha gua­da­gnato un vas­sallo russo ed è ora il chiaro lea­der del mondo auto­cra­tico. L’Unione euro­pea ha fatto molto meglio di quanto molti si aspet­tas­sero, ma potrebbe ancora essere il più grande per­dente, gra­zie meno a una Rus­sia troppo aggres­siva che a una Cina troppo sicura di sé. L’UE può pro­ba­bil­mente resi­stere alle con­se­guenze di que­sta guerra, ma potrebbe essere cri­ti­ca­mente sfi­data nella pros­sima.
La mag­gior parte degli ame­ri­cani pensa all’UE come a una zona di libero scam­bio con fron­zoli. Nulla potrebbe essere più lon­tano dalla verità. For­giate all’indo­mani della seconda guerra mon­diale, le isti­tu­zioni che sareb­bero diven­tate l’UE sono state pro­get­tate per legare il con­ti­nente così stret­ta­mente che un’altra guerra tra
Gli euro­pei diven­te­reb­bero impen­sa­bili. In que­sto, il blocco è riu­scito bril­lan­te­mente, con­tri­buendo a for­nire il più lungo periodo di pace in Europa da secoli.
Ma gli euro­pei hanno com­messo un errore nell’assu­mere che altri con­di­vi­des­sero la loro visione del mondo. Né la Rus­sia, né le potenze medio­rien­tali, né la Cina hanno mai cre­duto che la guerra fosse impos­si­bile, una posi­zione che la mag­gior parte dei lea­der euro­pei ha tro­vato dif­fi­cile accet­tare. Gli euro­pei dell’Est che hanno messo in guar­dia i loro amici dell’Europa occi­den­tale sul pre­si­dente russo Vla­di­mir Putin sono stati altez­zo­sa­mente licen­ziati. Da feb­braio 2022, la realtà della minac­cia russa è diven­tata chiara, così come la debo­lezza della difesa euro­pea. Seb­bene l’Europa abbia dato signi­fi­ca­tivi con­tri­buti mili­tari e uma­ni­tari all’Ucraina, dai carri armati tede­schi ai cac­cia polac­chi e slo­vac­chi, gli Stati Uniti sono stati il prin­ci­pale orga­niz­za­tore e coor­di­na­tore della rispo­sta all’inva­sione russa, for­nendo intel­li­gence e gestendo l’ope­ra­zione a soste­gno di Kiev.
Che Washing­ton abbia mon­tato una difesa così vivace dell’Ucraina è in parte una que­stione di for­tuna: se Donald Trump fosse stato in carica quando Putin ha invaso, il pre­si­dente degli Stati Uniti avrebbe potuto fare un viag­gio trion­fale a Mosca invece di Kiev. Ma anche con Joe Biden alla Casa Bianca, gli Stati Uniti non avreb­bero rea­gito con tanta forza se il loro ritiro dall’Afgha­ni­stan fosse stato meno umi­liante. L’Ucraina non era, dopo tutto, un alleato for­male. Gli Stati Uniti avreb­bero potuto facil­mente liqui­dare la guerra come il pro­blema dell’Europa—e in futuro, potrebbe ancora farlo. Trump potrebbe essere il pros­simo pre­si­dente degli Stati Uniti. Ma anche se non lo fosse, l’iso­la­zio­ni­smo che ha inco­rag­giato tra gli elet­tori ame­ri­cani influen­zerà la poli­tica degli Stati Uniti indi­pen­den­te­mente da chi vin­cerà nel 2024. Non vi è alcuna garan­zia di futuro soste­gno degli Stati Uniti per l’Ucraina. E anche se ci fosse, la Cina potrebbe un giorno por­tare avanti la sua poli­tica uffi­ciale e ten­tare di rein­te­grare Tai­wan con la forza, lasciando gli Stati Uniti senza la lar­ghezza di banda poli­tica o le risorse per venire in aiuto dell’Europa in una crisi. Il Pen­ta­gono ha for­mal­mente abban­do­nato l’obiet­tivo di essere in grado di com­bat­tere due grandi guerre con­tem­po­ra­nea­mente. La pros­sima volta, l’Europa potrebbe essere da sola.
Per que­sto motivo, l’UE deve pren­dere sul serio la difesa. Come con­fe­de­ra­zione di stati sovrani che hanno spesso per­se­guito la pro­pria difesa e la pro­pria poli­tica estera a spese dell’Unione-e hanno per­ce­zioni molto diverse della minac­cia rap­pre­sen­tata da Mosca-l’UE manca ancora di una forte capa­cità di difesa e di un approc­cio comune alla sicu­rezza. Fin­ché que­sto è il caso, il blocco rimarrà un ibrido
Nella pros­sima guerra, l’Europa potrebbe essere da sola.
potere: pari agli Stati Uniti e alla Cina nella rego­la­men­ta­zione del com­mer­cio, degli stan­dard e degli inve­sti­menti, ma un po ‘ gio­ca­tore quando si tratta di difesa e sicu­rezza. Rimarrà una super­po­tenza sden­tata-vale a dire, non è affatto una super­po­tenza.
TUTTO ABBAIA E NESSUN MORSO
L’Europa è già stata qui. All’ini­zio delle guerre di suc­ces­sione jugo­slava nel 1991, il mini­stro degli esteri lus­sem­bur­ghese, Jac­ques Poos, annunciò: “L’ora dell’Europa è spun­tata. Ma ci sono voluti più di 100.000 morti (per lo più bosniaci) e un tar­divo inter­vento degli Stati Uniti per­ché il mas­sa­cro finisse nel 1995. Quat­tro anni dopo, i mem­bri dell’UE hanno dichia­rato che entro il 2003 sareb­bero stati in grado di schie­rare una forza fino a 60.000 sol­dati entro 60 giorni e soste­nerla per almeno un anno. Ma nulla del genere si mate­ria­lizzò. Seb­bene i sol­dati abbiano pre­stato ser­vi­zio sotto la ban­diera dell’UE in doz­zine di paesi, hanno con­dotto per lo più ope­ra­zioni a bassa inten­sità che non li hanno pre­pa­rati per nulla di più ambi­zioso. Forse l’ope­ra­zione di mag­gior suc­cesso dell’UE è stata un attacco aereo con­tro i pirati somali nel 2012, che ha sco­rag­giato i dirot­ta­tori nel Corno d’Africa per un po’. Per la mag­gior parte, tut­ta­via, il per­so­nale fino a 4.000 in ser­vi­zio nelle mis­sioni civili e mili­tari dell’UE aiuta a moni­to­rare le fron­tiere, adde­strare le forze mili­tari e di poli­zia e osser­vare le ele­zioni, prin­ci­pal­mente in Africa.
Il vero pugno dell’Europa doveva venire dai cosid­detti gruppi di bat­ta­glia: bat­ta­glioni rin­for­zati di circa 1.500 sol­dati in grado di essere schie­rati nei punti caldi con breve pre­av­viso.Il pro­blema era che gli Stati mem­bri dell’UE ave­vano una capa­cità di spe­di­zione ridotta e impe­gni più urgenti durante la lunga mis­sione della NATO in Afgha­ni­stan. Inol­tre, le subu­nità dei gruppi di bat­ta­glia dove­vano pro­ve­nire e essere pagate dagli Stati mem­bri dell’UE, il che ha por­tato a sot­trarsi, in par­ti­co­lare dai paesi più pic­coli. E i gruppi di bat­ta­glia alla fine sono rima­sti sotto il con­trollo poli­tico degli Stati mem­bri con­tri­bu­tori piut­to­sto che della stessa UE, quindi si è rive­lato impos­si­bile rag­giun­gere una deci­sione una­nime di agire, anche in gravi emer­genze come la crisi del 2011 in Libia. Il primo gruppo di bat­ta­glia è diven­tato attivo nel 2007, ma nes­suno è mai stato schie­rato, e il con­cetto sem­bra essere andato in iber­na­zione.
Un altro ten­ta­tivo di pren­dere sul serio la sicu­rezza euro­pea è stato il mec­ca­ni­smo di coo­pe­ra­zione strut­tu­rata per­ma­nente (PESCO), EU-speak for a coa­li­tion of the wil­ling. Nel 2009, Polo­nia e Fran­cia hanno pro­po­sto di creare un gruppo d’avan­guar­dia di paesi dispo­sti ad agire quando il resto dell’UE non lo farebbe. Il gruppo acco­glie­rebbe solo i paesi che
spen­de­vano il due per cento del loro PIL in difesa, accet­ta­vano regole comuni di ingag­gio e schie­ra­vano i loro sol­dati sotto comando con­giunto. La sto­ria dell’UE con­tiene molti esempi di gruppi pio­nie­ri­stici di paesi che sta­bi­li­scono aree di inte­gra­zione a cui altri alla fine hanno ade­rito: l’area di viag­gio comune nota come Schen­gen, la pro­cura dell’UE e, in effetti, la valuta euro. Que­sto è pro­ba­bil­mente il modo prin­ci­pale in cui il blocco si evolve. Ma la PESCO non si è rive­lata un’ini­zia­tiva rivo­lu­zio­na­ria. Gra­zie in parte alle pres­sioni della Ger­ma­nia, il pro­gramma lan­ciato nel 2017 ha incluso quasi tutti gli Stati mem­bri. Ciò signi­fi­cava che il con­vo­glio si sarebbe mosso al ritmo della nave più lenta, o per niente, dato che alcuni stati mem­bri dell’UE si con­si­de­rano mili­tar­mente neu­trali. La PESCO si è ora rag­grin­zita in un pro­gramma di spesa con­giunto per le capa­cità e le tec­no­lo­gie mili­tari.
Sulla scia dell’inva­sione russa dell’Ucraina, l’UE ha adot­tato una bus­sola stra­te­gica per la sicu­rezza e la difesa, che mira a miglio­rare la mobi­lità mili­tare all’interno dell’UE, faci­li­tare le eser­ci­ta­zioni dal vivo a terra e in mare e, soprat­tutto, sta­bi­lire una cosid­detta forza di dispie­ga­mento rapido di circa 5.000 sol­dati. L’ini­zia­tiva pro­mette un “salto di qua­lità” nella sicu­rezza euro­pea, basan­dosi sul Fondo euro­peo per la pace, un fondo per la difesa del valore di poco più di 1 miliardo di dol­lari all’anno. Ori­gi­na­ria­mente con­ce­pito come un mec­ca­ni­smo per pagare i costi comuni delle ope­ra­zioni dell’UE, prin­ci­pal­mente in Africa e nei Bal­cani, si è evo­luto nell’equi­va­lente euro­peo del pro­gramma di finan­zia­mento mili­tare stra­niero degli Stati Uniti, finan­ziando l’acqui­sto e la ripa­ra­zione di armi per l’Ucraina e l’assi­stenza mili­tare per Nige­ria, Gior­da­nia e Mace­do­nia del Nord, tra gli altri.
For­nendo tale assi­stenza, l’UE ha supe­rato un osta­colo impor­tante. Due anni fa, sarebbe stato impen­sa­bile per il blocco acqui­stare attrez­za­ture letali e con­se­gnarle ai non mem­bri in guerra. Ora che lo ha fatto, il prin­ci­pale fat­tore limi­tante è il denaro. Gli aiuti all’Ucraina hanno con­su­mato la mag­gior parte degli stan­zia­menti annuali del fondo, ren­dendo neces­sa­rie deci­sioni dif­fi­cili da parte del Con­si­glio euro­peo. Ma anche se il Fondo euro­peo per la pace venisse ampliato e la forza di dispie­ga­mento rapido diven­tasse ope­ra­tiva, l’Europa dif­fi­cil­mente sarebbe in grado di difen­dersi se gli Stati Uniti fos­sero altri­menti impe­gnati.L’UE potrebbe forse assi­cu­rarsi un porto libico se cadesse in mano ai traf­fi­canti di esseri umani. Potrebbe risol­vere un signore della guerra dei Bal­cani o un pic­colo stato cana­glia. Pro­ba­bil­mente potrebbe anche sco­rag­giare il pre­si­dente bie­lo­russo Ale­xan­der Luka­shenko dall’inviare sabo­ta­tori, ter­ro­ri­sti e migranti attra­verso il con­fine orien­tale dell’UE. Ma il blocco non poteva sco­rag­giare Putin.
Que­sto, natu­ral­mente, è com­pito della NATO, e la forte rea­zione di Biden all’aggres­sione di Putin ha ripri­sti­nato la cre­di­bi­lità di un’alleanza che il pre­si­dente fran­cese Emma­nuel Macron non molto tempo fa ha liqui­dato come morte cere­brale. L’uso corag­gioso dell’intel­li­gence da parte di Washing­ton per avver­tire gli ucraini dell’immi­nente inva­sione della Rus­sia ha spaz­zato via la mag­gior parte della mac­chia del suo uso impro­prio di infor­ma­zioni difet­tose per soste­nere la guerra in Iraq. E la mega­lo­ma­nia cri­mi­nale di Putin ha riu­nito l’Occi­dente. Secondo l’Isti­tuto Kiel per l’eco­no­mia mon­diale, i con­tri­buti degli Stati Uniti all’Ucraina ammon­tano a oltre 70 miliardi di dol­lari, all’incirca equi­va­lenti ai con­tri­buti com­ples­sivi dell’UE (quelli delle isti­tu­zioni dell’UE e degli Stati mem­bri som­mati). Ma resta da vedere quanto durerà quell’unità e cosa acca­drà se l’Europa sarà meno for­tu­nata la pros­sima volta.
DIVISI CADIAMO
Si potrebbe pen­sare che la vista di con­do­mini e cen­trali elet­tri­che col­pite da mis­sili avrebbe gal­va­niz­zato gli euro­pei a chie­dere più azione, ma non è così. Le com­pa­gnie della difesa hanno dovuto aspet­tare per oltre un anno solo per i con­tratti per rifor­nire le scorte di muni­zioni peri­co­lo­sa­mente basse dell’Europa. Non hanno nem­meno ini­ziato a pro­durre nuovi sistemi d’arma. E nono­stante gli appelli di Ursula von der Leyen, pre­si­dente della Com­mis­sione euro­pea, per creare un’unione di difesa degna del suo nome, i pro­gressi sono stati gla­ciali. Le ragioni di ciò non sono per­so­nali ma sto­ri­che, geo­gra­fi­che, psi­co­lo­gi­che, poli­ti­che e, soprat­tutto, costi­tu­zio­nali.
A dif­fe­renza degli Stati Uniti con­ti­nen­tali, che sono abba­stanza equa­mente pro­tetti dalle minacce stra­niere, l’Unione euro­pea è molto più vul­ne­ra­bile in alcune regioni che in altre. I resi­denti di Narva, in Esto­nia, ad esem­pio, vivono attra­verso uno stretto fiume dalla città russa di Ivan­go­rod, fon­data da Ivan il Ter­ri­bile. Sanno che Narva è pas­sata di mano una doz­zina di volte: Dani­marca, Rus­sia zari­sta, Sve­zia, Ger­ma­nia e Unione Sovie­tica l’hanno gover­nata in vari punti. Sanno che sem­bra così-cosparso di edi­fici moderni che hanno chia­ra­mente sosti­tuito quelli più vec­chi distrutti dalle bombe—a causa di una feroce bat­ta­glia tra le forze occu­panti tede­sche e l’Armata Rossa. E temono che la Rus­sia non abbia mai pie­na­mente accon­sen­tito a “per­dere” l’Esto­nia nel 1991 e che potrebbe pro­vare a ripren­derla, motivo per cui l’Esto­nia for­ni­sce uno dei mag­giori con­tri­buti pro capite all’Ucraina di tutti gli alleati della NATO.
Al con­tra­rio, i resi­denti di Lisbona, Roma e Bru­xel­les non hanno mai visto un sol­dato russo nelle loro città che non fosse stato invi­tato—e nem­meno uno dei loro ante­nati. Il comu­ni­smo sovie­tico era un’ideo­lo­gia
con ambi­zioni glo­bali, ma il nazio­na­li­smo russo non è un pro­dotto che viag­gia bene. Quindi la mag­gior parte dei por­to­ghesi, ita­liani e belgi sosten­gono gli sforzi per fer­mare il cal­pe­sta­mento di Putin dei tabù del dopo­guerra, ma spe­rano che il con­flitto tra Rus­sia e Ucraina possa essere risolto attra­verso il com­pro­messo. Pen­sano che Putin sia un cri­mi­nale, e hanno pietà e ammi­rano gli ucraini. Ma non sono dispo­sti a cam­biare il loro modo di vivere a causa di una minac­cia lon­tana.
In Ger­ma­nia, invece, è tutta un’altra sto­ria. I russi arri­va­rono a Ber­lino come con­qui­sta­tori a memo­ria d’uomo e gover­na­rono per­sino un quarto della Ger­ma­nia per pro­cura fino al 1991. Eppure i tede­schi si rifiu­ta­rono per lo più di rico­no­scere la Rus­sia come una minac­cia fino al 2022, forse per gra­ti­tu­dine per l’uni­fi­ca­zione paci­fica, che attri­bui­rono alla mode­ra­zione dell’ultimo lea­der sovie­tico, Mikhail Gor­ba­ciov. Nel 2018, ho avuto con­ver­sa­zioni sur­reali con gior­na­li­sti tede­schi, ana­li­sti di think-tank e poli­tici dopo che la Rus­sia ha finito di poten­ziare le sue forze nucleari nell’exclave di Kali­nin­grad, otte­nendo per la prima volta la capa­cità di col­pire Ber­lino. “Non sei pre­oc­cu­pato?”Ho chie­sto. Non lo erano, per­ché si erano con­vinti che non era la NATO, il pre­si­dente degli Stati Uniti Ronald Rea­gan, il movi­mento di soli­da­rietà polacco, o il papa che ha vinto la guerra fredda, ma la loro Ost­po­li­tik, o aper­tura e dia­logo con il blocco comu­ni­sta. Ciò che ha fun­zio­nato con l’Unione Sovie­tica molto più potente potrebbe fun­zio­nare con la Rus­sia di Putin, pen­sa­vano: pazienza stra­te­gica, per­sua­sione e com­mer­cio—auto­mo­bili e tur­bine per petro­lio e gas—alla fine avreb­bero con­vinto Putin a cal­marsi.
I poli­tici euro­pei devono aver saputo che l’atteg­gia­mento pub­blico nei con­fronti della Rus­sia sarebbe cam­biato quando le prime bombe sareb­bero cadute su Kiev, ma hanno rifiu­tato di adot­tare il lin­guag­gio chiaro della poli­tica di potere che Putin avrebbe potuto capire e rispet­tare. Anche dopo che il can­cel­liere tede­sco Olaf Scholz ha fatto il suo sto­rico discorso spie­gando la tra­sfor­ma­zione della posi­zione di difesa della Ger­ma­nia, ci sono voluti molti mesi per­ché l’esta­blish­ment poli­tico tede­sco accet­tasse che non c’era modo di tor­nare agli affari come al solito con Putin. Alcuni tede­schi pro­ba­bil­mente spe­rano ancora che ci possa essere.
Se non bastasse per il più grande paese d’Europa essere ambi­va­lente sulla difesa, la strut­tura dell’UE e la man­canza di una costi­tu­zione mili­tano anche con­tro la sicu­rezza col­let­tiva. Que­sto è qual­cosa che gli ame­ri­cani dovreb­bero capire, dal momento che la loro guerra di indi­pen­denza è stata com­bat­tuta sotto gli Arti­coli della Con­fe­de­ra­zione, prima che gli Stati Uniti adot­tas­sero la sua costi­tu­zione. Senza un bud­get cen­trale o un’auto­rità ese­cu­tiva che potrebbe
for­zando gli stati a for­nire gli uomini e le prov­vi­ste neces­sa­rie, la guerra fu a volte disa­strosa; i coloni con­qui­sta­rono a mala­pena la loro indi­pen­denza.
L’UE è una con­fe­de­ra­zione, non una fede­ra­zione. I suoi mem­bri sono vin­co­lati da trat­tati e deci­sioni comuni, ma il potere ultimo spetta agli Stati mem­bri. Se un paese non adem­pie ai suoi obbli­ghi nei con­fronti del blocco, può essere cri­ti­cato, avere i suoi fondi sospesi o per­sino essere por­tato alla Corte di Giu­sti­zia euro­pea, ma non può essere costretto a fare nulla. Que­sto è par­ti­co­lar­mente vero quando si tratta di intel­li­gence, sicu­rezza interna e difesa.
In teo­ria, l’UE ha una poli­tica estera e di sicu­rezza comune. L’arti­colo 26 del Trat­tato sull’Unione euro­pea, fir­mato a Lisbona nel 2007, recita: “Il Con­si­glio euro­peo iden­ti­fica gli inte­ressi stra­te­gici dell’Unione, deter­mina gli obiet­tivi e defi­ni­sce gli orien­ta­menti gene­rali per la poli­tica estera e di sicu­rezza comune, anche per le que­stioni con impli­ca­zioni in mate­ria di difesa. La poli­tica estera e di sicu­rezza comune è attuata dall’Alto Rap­pre­sen­tante e dagli Stati mem­bri, uti­liz­zando risorse nazio­nali e dell’Unione.”
L’idea era che i mini­stri degli esteri dell’UE avreb­bero coor­di­nato i loro inte­ressi nazio­nali alla riu­nione men­sile del Con­si­glio Affari esteri del blocco, e i più alti fun­zio­nari dell’UE avreb­bero poi attuato le loro posi­zioni comuni. Sfor­tu­na­ta­mente, la realtà è che su que­stioni che con­tano-Iran, Cina, Rus­sia, Ucraina—gruppi di paesi auto-nomi­nati fanno poli­tica da soli e trat­tano la poli­tica comune dell’UE come un ripen­sa­mento. Lo sfor­tu­nato pro­cesso di Minsk avviato dopo l’inva­sione ini­ziale dell’Ucraina da parte della Rus­sia nel 2014 è un esem­pio lam­pante: Ger­ma­nia e Fran­cia hanno usur­pato il ruolo dell’UE e non solo non sono riu­sciti a risol­vere la crisi, ma hanno anche semi­nato sfi­du­cia in tutta l’Europa orien­tale.
Igno­rare il Trat­tato sull’Unione euro­pea com­pro­mette l’effi­ca­cia della poli­tica estera dell’UE. Quando Macron e von der Leyen hanno visi­tato la Cina nell’aprile 2023, il lea­der fran­cese ha rice­vuto un ban­chetto di stato e una parata mili­tare, men­tre il pre­si­dente della Com­mis­sione euro­pea è stato accolto in modo tie­pido. L’UE ha le basi giu­ri­di­che e isti­tu­zio­nali per una poli­tica comune di difesa e sicu­rezza, ma gli Stati mem­bri chiave non pos­sono agire all’uni­sono. Forse Washing­ton avrebbe affron­tato un pro­blema simile se il Texas e la Cali­for­nia fos­sero state grandi potenze per secoli prima di unirsi agli Stati Uniti.
L’Europa potrebbe diven­tare un incro­cio tra un parco a tema e un ospi­zio.
LO SCENARIO DA INCUBO
È impro­ba­bile che Putin vinca mili­tar­mente in Ucraina, e le san­zioni occi­den­tali pro­ba­bil­mente impe­di­ranno alla Rus­sia di costruire un nuovo eser­cito in grado di minac­ciare l’Europa per mezzo decen­nio o giù di lì. Ma anche que­sto risul­tato non pro­teg­ge­rebbe l’Europa dal suo peg­gior incubo: un con­flitto tra Stati Uniti e Cina che con­suma Washing­ton e lascia l’Europa a difen­dersi. Il docu­mento di posi­zione del Par­tito Popo­lare euro­peo sulla Cina, che ho redatto, pre­vede una dura con­vi­venza tra Europa e Cina: col­la­bo­rare dove pos­si­bile, com­pe­tere dove neces­sa­rio e con­fron­tarsi dove neces­sa­rio. Tale poli­tica potrebbe per­si­stere inde­fi­ni­ta­mente per reci­proco van­tag­gio. È anche la poli­tica degli Stati Uniti, meno la reto­rica bel­li­cosa. Ma l’UE non può con­trol­lare le sue future rela­zioni con la Cina. I paesi euro­pei sono potenze dello sta­tus quo, men­tre la Cina è un revi­sio­ni­sta che deci­derà se, quando e come scon­vol­gerà l’ordine esi­stente. L’Europa non ha alcuna inten­zione di pren­dere alcun ter­ri­to­rio cinese; è la Cina che minac­cia di pren­dere ciò che oggi non con­trolla.
L’Europa è alli­neata con gli Stati Uniti nel rico­no­scere la natura della sfida posta dalla Cina e l’UE sta già lavo­rando con Washing­ton per impe­dire a Pechino di acqui­sire tec­no­lo­gie sen­si­bili, ad esem­pio attra­verso il Con­si­glio com­mer­ciale e tec­no­lo­gico UE-USA. Ma affin­ché l’UE sia in grado di difen­dersi e quindi libe­rare la mag­gior parte delle forze sta­tu­ni­tensi per un pos­si­bile con­flitto in Asia, dovrà pren­dere la dif­fi­cile deci­sione di inve­stire risorse serie nella difesa—e pre­sto. Ci vuole circa un decen­nio per un nuovo sistema di armi per pro­gre­dire dalla con­ce­zione alla con­trat­ta­zione e alla pro­du­zione per l’uso sul campo di bat­ta­glia. Se la Cina si pre­para a pren­dere Tai­wan con la forza entro la fine del decen­nio, come sosten­gono alcuni ana­li­sti, l’Europa è già molto indie­tro.
Lo sce­na­rio che dovrebbe tenere sve­gli gli euro­pei di notte è un assalto cinese a Tai­wan che costringe l’Europa a fare una scelta tra il suo più grande part­ner com­mer­ciale di beni e il suo più potente alleato. Macron è stato ampia­mente cri­ti­cato nell’aprile 2023 per aver affer­mato che l’Europa ha affron­tato un “grande rischio” di essere “coin­volta in crisi che non sono le nostre, il che le impe­di­sce di costruire la sua auto­no­mia stra­te­gica. Eppure stava solo espri­mendo ad alta voce ciò che molti euro­pei sus­sur­rano. Una guerra tra Stati Uniti e Cina per Tai­wan sarebbe un disa­stro per l’Europa. Secondo San­tan­der Bank, il costo della guerra di Putin per l’eco­no­mia dell’UE è stato l’equi­va­lente di circa bil­lion 190 miliardi, o tra l ‘1,1 e l’ 1,4 per cento del PIL dell’Unione in
2022. La Rus­sia è sem­pre stata un’eco­no­mia rela­ti­va­mente pic­cola da cui l’Europa dipen­deva prin­ci­pal­mente per poco più di un terzo del suo fab­bi­so­gno di petro­lio e gas. Ma la sosti­tu­zione improv­visa di tali for­ni­ture ha depresso la cre­scita, cau­sato un picco dell’infla­zione e ritar­dato la ripresa dell’Europa dalla pan­de­mia. Un improv­viso disac­cop­pia­mento dalla Cina sarebbe molte volte più costoso per­ché l’Europa è molto più dipen­dente dalla Cina di quanto non fosse dalla Rus­sia prima della guerra. Non solo la Cina è la più grande fonte dell’UE di merci impor­tate, ma è anche una delle prin­ci­pali desti­na­zioni delle espor­ta­zioni euro­pee su tutta la linea. La com­bi­na­zione di dover acqui­stare gas natu­rale più costoso dal Qatar e dagli Stati Uniti e per­dere l’accesso al lucroso mer­cato cinese per auto, mac­chi­nari e beni di lusso euro­pei potrebbe cau­sare la dein­du­stria­liz­za­zione dell’Europa. Il con­ti­nente potrebbe diven­tare un incro­cio tra un parco a tema e un ospi­zio—non in una que­stione di gene­ra­zioni, come i demo­grafi hanno a lungo avver­tito, ma in una que­stione di anni.
Macron ha espresso cor­ret­ta­mente l’ansia dell’Europa, ma ha sba­gliato a pen­sare che l’Europa potrebbe rima­nere ai mar­gini di un con­flitto caldo tra Stati Uniti e Cina. È vero, l’UE non ha alcun obbligo legale di soste­nere gli Stati Uniti in uno sce­na­rio del genere; le garan­zie reci­pro­che della NATO si appli­cano solo all’area del Nord Atlan­tico. Ma la poli­tica e l’eco­no­mia pro­ba­bil­mente vin­ce­reb­bero tutto. Indi­pen­den­te­mente da chi fosse il pre­si­dente, gli Stati Uniti fareb­bero quello che fanno sem­pre di fronte a una sfida monu­men­tale. Si chie­de­rebbe, Sei con noi, o con i nostri nemici? E di fronte a una tale scelta, l’Europa potrebbe dav­vero rima­nere a lungo in disparte? La mag­gior parte degli stati euro­pei rischie­rebbe la per­dita dell’alleanza degli Stati Uniti e del mer­cato degli Stati Uniti? Gli euro­pei con­ti­nue­reb­bero a com­mer­ciare con la Cina men­tre i sol­dati ame­ri­cani mori­vano in difesa di stati demo­cra­tici amici in Asia? Ne dubito. Se non altro, l’Europa rischie­rebbe di divi­dersi lungo l’asse est-ovest, come ha fatto durante la mal con­ce­pita guerra in Iraq. L’Europa non può essere unita sulla base dell’anti­a­me­ri­ca­ni­smo o per­sino della lon­ta­nanza dagli Stati Uniti. L’Europa può diven­tare stra­te­gi­ca­mente rile­vante-e più inte­grata-solo in alli­nea­mento con gli Stati Uniti. La visione della Fran­cia di un’Europa più unita dovrebbe essere apprez­zata, ma deve essere curata dalle sue fan­ta­sie gol­li­ste.
Per pre­pa­rarsi allo sce­na­rio da incubo, l’Europa non deve solo aumen­tare le sue difese, ma anche tro­vare fonti più vicine di mate­rie prime e rimo­del­lare le sue indu­strie e catene di approv­vi­gio­na­mento. Tale “de-rischiando” sarà incre­di­bil­mente dif­fi­cile da met­tere in atto. Non sarà facile, ad esem­pio,
trova nuovi mer­cati per la metà delle auto di lusso che la Ger­ma­nia pro­duce ogni anno. Inol­tre, gli euro­pei devono chie­dersi come potranno per­met­tersi di vie­tare le nuove auto con motori a com­bu­stione entro il 2035, come si sono impe­gnati a fare, quando la Cina avrà il soprav­vento nella pro­du­zione di vei­coli elet­trici a prezzi acces­si­bili. Solo i ric­chi pos­sono svol­gere il ruolo di una coscienza glo­bale sul cam­bia­mento cli­ma­tico. E l’Europa dovrà far fronte a que­ste sfide eco­no­mi­che, gestendo al con­tempo l’allar­ga­mento, le fron­tiere esterne porose e gli stati mem­bri con ten­denze auto­ri­ta­rie.
Un con­flitto con la Cina non è ine­vi­ta­bile e l’Europa dovrebbe fare tutto il pos­si­bile per pre­ve­nirlo. Il paese ha già rag­giunto il picco demo­gra­fico e potrebbe final­mente avere la crisi del debito che gli ana­li­sti hanno pre­vi­sto per anni. Potrebbe anche riti­rare il suo soste­gno dalla Rus­sia (o i russi potreb­bero sba­raz­zarsi di Putin e riti­rarsi del tutto dal pan­tano ucraino). A giu­di­care dai miseri risul­tati della visita del pre­si­dente cinese Xi Jin­ping a Mosca nel marzo 2023, l’alleanza delle auto­cra­zie non è così solida come si pen­sava in pre­ce­denza.
La Cina è felice di dare a Putin soste­gno poli­tico e pro­pa­gan­di­stico men­tre nega a Mosca le for­ni­ture mili­tari che brama. È una scom­messa sicura che le capa­cità russe in Asia orien­tale, che non sono mai state suf­fi­cienti per affron­tare la Cina, si sono ulte­rior­mente dete­rio­rate. La Cina, al con­tra­rio, si sta armando a rotta di collo, anche nella sfera nucleare, dove Pechino deve rag­giun­gere la parità con Mosca e Washing­ton per sco­rag­giare cre­di­bil­mente gli Stati Uniti dal difen­dere Tai­wan.
Le capa­cità mili­tari costruite per uno sce­na­rio di solito pos­sono essere uti­liz­zate in altri. Il governo cinese ha taciuto, ma Radio France Inter­na­tio­nal ha rife­rito nel marzo 2023 che il Mini­stero cinese delle risorse natu­rali aveva emesso nuove linee guida per le mappe, richie­dendo l’aggiunta di vec­chi nomi cinesi accanto a nomi geo­gra­fici russi in otto luo­ghi lungo il con­fine russo-cinese, tra cui Vla­di­vo­stok, che ora dovrebbe essere indi­cato come Hai­she­n­wai. Come se inchi­nan­dosi a Pechino, Mosca ha detto che aprirà il porto di Vla­di­vo­stok al com­mer­cio di tran­sito cinese per la prima volta in 163 anni. La Rus­sia ottenne il con­trollo della baia su cui costruì quel porto e del resto della Man­ciu­ria Esterna nel 1860 durante la seconda guerra dell’oppio, minac­ciando di incen­diare Pechino. Xi potrebbe con­clu­dere che l’onore cinese potrebbe essere più facil­mente ripri­sti­nato – e il suo posto
La Rus­sia può sce­gliere di essere un alleato dell’Occi­dente o un vas­sallo della Cina.
nella sto­ria assi­cu­rato-recu­pe­rando una pro­vin­cia persa per la Rus­sia che rischiando una guerra mon­diale su Tai­wan.
Le grandi potenze hanno fatto cal­coli simili in pas­sato. Nel 1939, il Giap­pone impe­riale com­batté con­tro l’Unione Sovie­tica nella bat­ta­glia di Khal­khin Gol alla con­fluenza tra Mon­go­lia e Man­ciu­ria. Coman­date da un allora oscuro gene­rale di nome Georgy Zhu­kov, le forze sovie­ti­che scon­fis­sero i giap­po­nesi, accet­tando infine un ces­sate il fuoco il 15 set­tem­bre. Solo allora il lea­der sovie­tico Joseph Sta­lin diede l’ordine di rispet­tare un patto con la Ger­ma­nia nazi­sta e inva­dere la Polo­nia. Ma la con­se­guenza più signi­fi­ca­tiva della bat­ta­glia fu che con­vinse il Giap­pone che l’Unione Sovie­tica era più forte di quanto sem­brasse e che il Giap­pone avrebbe fatto meglio a ten­tare la for­tuna ad est invece che a nord. Il risul­tato finale fu l’attacco a Pearl Har­bor.
Que­sta volta, potrebbe essere la debo­lezza russa, non la forza, che viene espo­sta. La scon­si­de­rata deci­sione di Putin di inva­dere l’Ucraina ha rive­lato che la Rus­sia è molto più debole di quanto molti cre­des­sero e ha acce­le­rato la diver­genza tra le tra­iet­to­rie di Mosca e Pechino come potenze mon­diali. La Cina sta già pren­dendo l’ener­gia e le mate­rie prime scon­tate della Rus­sia. Se la Rus­sia con­ti­nua a decli­nare al ritmo attuale, Pechino potrebbe alla fine acqui­stare le riserve auree di Mosca e, infine, fare richie­ste sulla sua terra. Putin pen­sava che avrebbe gua­da­gnato Kiev, ma potrebbe invece per­dere Vla­di­vo­stok. Come diceva l’ex con­si­gliere per la sicu­rezza nazio­nale degli Stati Uniti Zbi­gniew Brze­zin­ski, la Rus­sia può sce­gliere di essere un alleato dell’Occi­dente o un vas­sallo della Cina. Putin non ha scelto ciò che era buono per la Rus­sia, ma ciò che era buono per lui e molto pro­ba­bil­mente avrebbe pre­ser­vato il suo potere dit­ta­to­riale. Molti russi patriot­tici, e non solo quelli in esi­lio, già pre­ve­dono il disa­stro per mano della Cina. Una Rus­sia post-Putin potrebbe inver­tire il suo corso disa­stroso. Ma fin­ché rimarrà al timone, la Rus­sia rimarrà un pro­blema invece che parte della solu­zione.
L’illu­sione dell’Europa post–Guerra Fredda di aver rag­giunto l’alto­piano della pace eterna è tri­ste­mente andata in fran­tumi. Le pro­spet­tive stra­te­gi­che del con­ti­nente, sia nel suo vicino estero che a livello glo­bale, si sono oscu­rate. La sua sicu­rezza futura, il potere e la pro­spe­rità dipen­dono ora dal fatto che, e quanto rapi­da­mente, agi­sca per affron­tare le sue vul­ne­ra­bi­lità. La por­tata della sfida è cer­ta­mente al di là della capa­cità di qual­siasi paese euro­peo di agire da solo. Può essere rag­giunto solo agendo insieme e final­mente pren­dendo sul serio la difesa. Per soprav­vi­vere e pro­spe­rare in un mondo di giganti in lotta, l’Europa deve tra­sfor­marsi da una con­fe­de­ra­zione mili­tar­mente debole in una vera super­po­tenza.