DIVENTA SOCIO

Mandela, l’uomo che alla vendetta preferì il perdono

Di
Redazione
|
4 Dicembre 2020

di Ettore Minniti

“… Se Dio sapesse che sotto un cielo pieno di stelle / Un uomo non è più un uomo per la sua pelle / Se Dio esistesse come la luna, come le stelle / Se Dio esistesse sarebbe nero, come il colore della mia pelle / Vorrei vedere dalla mia finestra i gabbiani tornare a volare / Gabbiani bianchi, gabbiani neri sopra lo stesso mare, lo stesso mare …” è il testo della canzone dal titolo Mandela del cantante Luca Barbarossa, tratto dall’album ‘Al di là del Muro’.

Nelson Mandela (ovvero Rolihlahla, “attaccabrighe” in lingua xhosa), uno dei simboli dei diritti umani più conosciuti del nostro tempo, ispiratore di riferimento di tutti coloro che sostengono i diritti umani nel mondo, per aver combattuto e pagato con una lunga carcerazione per la libertà del suo popolo.

Ho coltivato l’ideale di una società democratica e libera nella quale tutti possano vivere uniti in armonia e con pari opportunità. È un ideale per il quale spero di poter vivere e che spero di attuare. Ma se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire”. Questo era Mandela, un idealista coerente e costante, che ha sempre lottato per le sue idee e per abolire la politica dell’apartheid in Sudafrica.

Condannato all’ergastolo, rifiutò di scendere a compromessi con la sua coscienzapolitica per ottenere la libertà. Durante i 27 anni passati in carcere, la fama di Mandela cresce in modo esponenziale in tutto il mondo. La sua dignitosa sofferenza contribuisce ad aumentare le pressioni sul governo Sudafricano e sull’apartheid da parte dei paesi di tutto il mondo, facendolo diventare un simbolo internazionale di resistenza, un martire della lotta contro il razzismo.

Venne scarcerato l’11 febbraio 1990, a 72 anni, e riprense la sua battaglia per l’emancipazione del popolo nero. Rinunciò a una strategia violenta e vendicativa in favore di un processo di riconciliazione e pacificazione.

Nel 1991 Mandela divenne presidente dell’African National Congress, il partito anti apartheid. A questo punto uno storico incontro con il presidente Frederik Klerk (suo tradizionale oppositore) portò i due leader a rendersi conto che solo un compromesso tra bianchi e neri avrebbe potuto evitare una guerra civile in Sudafrica.

Nelson Mandela è stato il primo presidente nero del Sudafrica, fino al 1999.

Al leader africano nel 1993 fu attribuito il Nobel per la Pace, per essere riuscito a porre fine in modo pacifico alla segregazione razziale attuata dall’etnia bianca al potere, ponendo le basi per la democrazia nel suo paese.

Alla vendetta preferì il perdono dei nemici politici, ad esempio attraverso l’istituzione nel 1995 della Commissione per la verità e la riconciliazione. Persino coloro che avevano commesso abusi e violenze durante il periodo dell’apartheid vennero assolti.

Durante la convivenza con i suoi carcerieri bianchi, Madiba (come veniva amorevolmente chiamato dagli amici) comprese il valore del perdono e del tendere la mano all’avversario. Egli comprese che nell’oppressore c’era un uomo, un altro «io», qualcuno da perdonare, pur restando fermo nella convinzione della malvagità delle sue azioni.

Mandela rifiutò, tra le sofferenze, la demonizzazione del nemico. Lo dimostra la sincera amicizia che lo legò al giovane ufficiale della polizia sudafricana Gregory, che era stato appena stato trasferito nell’isola prigione di Robben Island, a largo di Città del Capo, dove Mandela era detenuto. Una sorta di Alcatraz dell’apartheid. Gregory da allora e fino alla liberazione nel 1990, sarebbe stata la guardia personale di Mandela. Dopo la liberazione Gregory e Mandela rimasero grandi amici, tant’è che quest’ultimo pagò le spese universitarie ai due figli del poliziotto.

Mandela è morto a Johannesburg il 5 dicembre 2013. La commemorazione si svolse allo stadio di Johannesburg, dove tutto il popolo del Sudafrica gli rese omaggio. E’ stato sepolto nel cimitero di famiglia, nel villaggio di Qunu, dove era cresciuto, al termine di una solenne cerimonia funebre.

Ci lascia questa pesante eredità: “Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione o della classe alla quale appartengono. Gli uomini imparano a odiare, e se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio.”

Un dovere ricordare questo piccolo grande uomo (come lo fu Madre Teresa di Calcutta) dalla pelle nera che sapeva perdonare.