Dopo la sostanziale stagnazione dei primi due mesi del 2020, il sopraggiungere dell’epidemia ha investito il mercato del lavoro con cali dell’occupazione tra marzo e giugno senza precedenti. Nel secondo trimestre 2020, la variazione di -841mila occupati (-3,6% rispetto allo stesso trimestre del 2019) è il risultato del rallentamento della crescita occupazionale dalla seconda metà del 2019 e – soprattutto – dell’eccezionale calo generato dalle limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria (chiusura dei settori produttivi non essenziali e limitazioni negli spostamenti). Lo ha reso noto l’Istat che ha diffuso i dati sul mercato del lavoro nel II trimestre del 2020. Malgrado gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti abbiano permesso di sostenere l’occupazione, “la sospensione delle attività – ha sottolineato l’Istat – ha fortemente pregiudicato l’avvio di nuovi rapporti di lavoro, in particolare di quelli a termine e delle loro possibili proroghe o trasformazioni in contratti a tempo indeterminato”. Difatti, in otto casi su dieci la diminuzione dell’occupazione riguarda i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e si concentra tra quelli con durata del lavoro non superiore ai sei mesi (-428 mila). Inoltre, “non si sono registrate le usuali nuove assunzioni a tempo determinato che caratterizzano il secondo trimestre dell’anno, periodo molto favorevole per il turismo con l’inizio della stagione estiva”. Gli effetti della crisi occupazionale dovuta all’emergenza sanitaria, almeno fino al secondo trimestre 2020, “si sono in prevalenza ripercossi sulle componenti più vulnerabili del mercato del lavoro (giovani, donne e stranieri), sulle posizioni lavorative meno tutelate e nell’area del Paese che già prima dell’emergenza mostrava le condizioni occupazionali più difficili, il Mezzogiorno; in altre parole, la pandemia sembra aver avuto l’effetto di acuire i divari preesistenti nella partecipazione al mercato del lavoro”. Tornando ai dati, nel secondo trimestre del 2020 il numero di persone occupate subisce un ampio calo anche in termini congiunturali (-470 mila, -2%), dovuto soprattutto alla diminuzione dei dipendenti a termine e degli indipendenti. Il tasso di occupazione scende al 57,6%, in calo di 1,2 punti rispetto al primo trimestre 2020; i giovani di 15-34 anni presentano la diminuzione più marcata (-2,2 punti). Nei dati provvisori di luglio 2020, al netto della stagionalità e dopo quattro mesi di flessione, il numero di occupati torna a crescere (+85 mila, +0,4%) rispetto a giugno 2020 e il tasso di occupazione risale al 57,8% (+0,2 punti in un mese), misurando una positiva reazione del mercato del lavoro alla ripresa dei livelli di attività economica. Rispetto al secondo trimestre 2019, il numero di occupati scende di 841 mila unità (-3,6% in un anno): calano soprattutto i dipendenti a termine (-677 mila, -21,6%) e continuano a diminuire gli indipendenti (-219 mila, -4,1%) a fronte di un lieve aumento dei dipendenti a tempo indeterminato. Il calo occupazionale interessa sia gli occupati a tempo pieno sia quelli a tempo parziale, per i quali nel 63,9% dei casi il part time è involontario. Diminuiscono, inoltre, gli occupati che hanno lavorato per almeno 36 ore a settimana (50,6%, -13,8 punti), a seguito delle assenze dal lavoro e della riduzione dell’orario dovute all’emergenza sanitaria. I settori maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria sono proprio quelli dove il lavoro a termine è più diffuso: commercio (-191 mila occupati, -5,8%) e, soprattutto, alberghi e ristorazione (-246 mila, -16,1%). Il fatto che la crisi abbia colpito più duramente taluni tipi lavoro si ripercuote sulle caratteristiche dei lavoratori più coinvolti. I giovani tra 15 e 34 anni – che più spesso degli altri lavoratori svolgono un impiego a termine (26,3% contro 10,8% del totale occupati) e sono impiegati nel settore di alberghi e ristorazione (9,8% rispetto al 5,6%) – hanno subìto il calo occupazionale più forte (-8% rispetto a -3,6% del totale) che in quasi un terzo dei casi è concentrato nel settore alberghiero e della ristorazione. La diminuzione dell’occupazione tra le donne è più consistente di quella rilevata per gli uomini (-4,7% rispetto a -2,7%) e si concentra nel terziario, con particolare riferimento al comparto di alberghi e ristorazione (-141 mila) e a quello dei servizi domestici alle famiglie (-99 mila occupate); in circa sette casi su dieci il calo di quest’ultimo comparto riguarda donne con cittadinanza straniera. Infine, la flessione dell’occupazione è stato più accentuata nel Mezzogiorno (-5,3%) rispetto al Nord (-3,0%) e al Centro (-2,9%). A sfavore delle regioni meridionali incide il maggior peso dei dipendenti a termine (13,9% rispetto a 9,7% nel Centro-nord) e la minore presenza dell’industria, comparto che ha mostrato una maggiore tenuta occupazionale.
Fonte: ildenaro.it