di Ettore Minniti
Il caso Regeni e quello dei 18 pescatori di Mazara del Vallo dimostrano l’incapacità politica odierna e l’assenza di decisionismo politico, ovvero la totale assenza di credibilità del nostro Paese a livello internazionale. La recente decisione di non scarcerare Patrick George Zaki, studente universitario a Bologna, uno dei tanti giovani egiziani reclusi in galera nel paese natio, per stroncare ogni opposizione politica, registra il silenzio della diplomazia italiana. Troppo remissivi e sottomessi nei confronti di un regime, come quello egiziano, che si rende colpevole di violazioni sistematiche dei diritti umani. La questione è semplice: l’Italia ingoia il boccone amaro pur di non perdere i benefici economici per le industrie di armamenti.
Non è da meno l’atteggiamento remissivo rivolto alla Turchia di Erdogan, che continua a massacrare i Kurdi; all’Arabia Saudita di Bin Salman, che sta compiendo un vero e proprio genocidio nello Yemen. Verso l’Egitto, la Turchia e l’Arabia Saudita, l’Italia, come dicevamo, ha un atteggiamento benevolo in cambio di forniture belliche.
La verità, non possiamo nasconderlo, è che il nostro Paese è impresentabile, mancando di una direzione politica estera credibile a livello internazionale e ciò mentre il Mediterraneo diventa sempre più un mare di intrighi tra Russia, Francia e Stati Uniti.
Nei rapporti con i partner europei l’Italia si trova ancora a misurarsi con lostorico problema di una reputazione messa in continua discussione da un sistema politico ondivago, litigioso, frazionato, legato alla difficoltà di rispettare gli impegni concordati. Comportamenti opportunistici ed elettorali – i nostri leader sono in perenne campagna elettorale – hanno un impatto devastante in negativo sulla credibilità del nostro Paese. I partner europei ci guardano sempre con sospetto.
Per problemi interni, quali i flussi migratori, la situazione dell’economia, le prospettive dell’occupazione, in particolare di quella giovanile, la perdita di potere di acquisto, la sostenibilità dei regimi pensionistici, il futuro del sistema del welfare, i leader politici o parte di essi, sia pure con toni e argomentazioni differenziati, si scagliano in maniera virulenta contro l’Europa come capro espiatorio, tali attacchi irritano i partner europei, i quali tendono a mettere in un angolo l’Italia.
La questione migratoria ne è l’esempio più lampante. Il fallimento del piano per la distribuzione dei rifugiati arrivati in Italia e la mancata riforma del regolamento di Dublino hanno evidenziato la totale assenza di solidarietà tra i paesi membri verso l’Italia, ritenuta da più parti inaffidabile.
Il Paese manca di autorevolezza. Poi c’è la questione militare. La mancata ristrutturazione dello strumento militare è un punto dolente. La partecipazione alle missioni internazionali e l’impegno dell’Italia sulla scena internazionale è diventato un grande problema per i nostri partner.
A onor del vero, in un recente passato, c’era stato un debole attivismo in politica estera verso il Medio oriente e il Nord Africa, un’area nella quale si sono ulteriormente accentuate le dinamiche conflittuali interne e regionali. La politica estera intrapresa dal governo Gentiloni, attraverso il suo Ministro Marco Minniti, il cui operato andrebbe rivisto, si era mossa su un binario parallelo: da una parte, aveva cercato di preservare i rapporti con i paesi con cui l’Italia ha rilevanti legami commerciali e di sicurezza; dall’altra aveva avviato alcune iniziative con l’obiettivo di affrontare in maniera più efficace il fenomeno delle migrazioni e i conflitti in corso nella regione e nelle aree dei Balcani.
Un’attività di politica estera abbandonata dagli attuali governanti, senza che siano state proposte valide alternative, più impegnati con beghe interne che a pensare al prestigio dell’Italia all’estero.
Sono sparite dall’agenda del Consiglio dei Ministri e dal Ministero degli Affari Esteri gli interventi nelle aree di interesse nazionale, nel Mediterraneo, in particolare, la necessità di dover rafforzare i rapporti con due partner come la Libia (lasciata in mano ai turchi) e l’Egitto, l’Africa subsahariana, da cui si genera gran parte dei flussi migratori, e i Balcani, dove si dovrebbe intervenire a sostegno alle iniziative regionali.
Morale della favola: quando gli avversari abilmente giocano il carico, purtroppo in mano abbiamo solo il due di coppe quando la briscola è a bastoni!