SITUAZIONE INSOSTENIBILE, PARTITE IVA IN CALO
di redazione
A dimostrazione delle enormi difficoltà cui vanno incontro le attività di lavoro autonomo, continua a scendere il numero di partite Iva, dal 2016 ad oggi sono 3,3 milioni in meno, malgrado la legge di bilancio 2019 abbia esteso la possibilità di accedere al regime forfettario fino ai 65mila euro.
Ad incidere fortemente è anche la burocrazia, infatti le partite Iva subiscono ogni anno 100 controlli da parte di 15 enti diversi, in media un controllo ogni tre giorni! Secondo recenti stime il 25% dei lavoratori autonomi vive al di sotto della soglia di povertà calcolata dall’Istat (fonte Italia Oggi).
Anche i liberi professionisti sono in crisi, si calcola che dal 2008 ad oggi abbiano visto un calo del 25% dei loro guadagni annui (fonte Confcommercioprofessioni).
Ma, per chi lavora in proprio, oltre al netto ridimensionamento dei redditi, gioca un ruolo determinante la situazione debitoria nei confronti del fisco. I piani di rateizzazione per i debiti fiscali e i mancati pagamenti riguardano, ormai, la quasi totalità (98%) degli autonomi. Cresce il numero di quanti lamentano di ricevere dall’INPS avvisi di sanzione riferiti a dichiarazioni dei redditi anche di 6 o 7 anni fa, con intimazione di pagamento entro 5 giorni.
Una condizione intollerabile secondo Confedercontribuenti, che da tempo e con insistenza chiede di sfoltire, riducendola a meno della metà, la selva degliadempimenti burocratici e fiscali, di semplificare le procedure e rendere piùelastiche le scadenze, evitando i continui e spesso incomprensibili ricalcoli. Lecartelle esattoriali sono un elemento rilevante della crisi di liquidità in cui versano anche le attività in piena efficienza.
Non sorprende, in questo quadro, la continua diminuzione delle nuove partite Iva. È stato pubblicato in questi giorni il report del Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) con i dati rilevato dall’Osservatorio per le partite Iva. Le rilevazioni dell’osservatorio hanno accertato che nel 2020 sono state aperte circa 464.700 nuove partite Iva, il 14,8% in meno rispetto al 2019. Il 72,2% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche, il 21% da società di capitali e solo il 3,4% da società di persone.
Il Mef evidenzia «il forte aumento di partite Iva avviate da soggetti non residenti (+42,9%), connesso alla crescita del settore delle vendite on-line che presentava trend in aumento anche nel 2019».
Il 46,4% delle nuove partite Iva aperte nel 2020 ha scelto il regime forfettario le adesioni al quale sono state 215.563, il 18% in meno rispetto al 2019.
Il 37,3% delle nuove partite Iva è stata aperta da donne, il 48% da giovani fino a 35 anni e il 31% dai 36 ai 50 anni. Rispetto all’età delle nuove partite Iva, secondo il Mef, «il confronto con l’anno precedente mostra un calo di aperture crescente all’aumentare dell’età degli avvianti (dal -10% della classe più giovane al -25,3%% della più anziana). La distribuzione delle nuove aperture di partite Iva sulla base del paese di nascita evidenzia che il 17,1% degli avvianti è nato all’estero».
Con riferimento ai comparti produttivi è sempre il commercio a far registrare il maggior numero di aperture di partite Iva, con circa il 20% del totale. Seguono le libere professioni (16,3%) e l’agricoltura (10,8%). Dal report del Mef risulta che un solo settore ha visto aumentare l’apertura di nuove partite Iva nel 2020 rispetto al 2019 (+9,5%), ed è quello della sanità, mentre tutti gli altri hanno subito un crollo: alberghi e ristorazione – 34,1, sport e intrattenimento -33,5%, mentre nel settore manifatturiero si è registrato un calo del 24%.
In ordine alle chiusure di partita Iva, contrariamente a quanto ci si sarebbe potuto aspettare a causa delle misure restrittive imposte dalla pandemia, nel corso del 2020 ne sono state effettuate 320.435 rispetto alle 427.623 registratesinel 2019. Ma il Mef precisa che «questi dati sulle chiusure vanno comunque interpretati con cautela per tre motivi: 1) alcuni contribuenti potrebbero comunicare tardivamente l’avvenuta cessazione di attività nel 2020; 2) il dato del 2019 potrebbe comprendere alcune cessazioni d’ufficio operate dall’Agenzia delle entrate per non-operatività; 3) spesso il contribuente non ottempera all’obbligo di chiusura della partita Iva al momento della cessazione dell’attività»
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Source: Da QdC ad Imprese
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