Nel periodo di emergenza da coronavirus, continuiamo le nostre pubblicazioni occupandoci delle agevolazioni previste dal D.L. “Cura Italia” destinate alle Micro, Piccole e Medie Imprese.
L’art. 56 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. “Cura Italia), rubricato “misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID 19”, nel riconoscere all’ “epidemia da COVID-19”la natura di “evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”,attribuisce alle “Imprese”la facoltà di chiedere, previa comunicazione, le seguenti“misure di sostegno finanziario”:
- Che le “aperture di credito di credito a revoca”e i “prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori,”alla data del 17 marzo 2020 (cioè, alla data di pubblicazione del D.L. “Cura Italia”), non vengano revocati“in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020”,con conseguente possibilità di utilizzare la parte non utilizzata di detti finanziamenti fino al 30/09/2020;
- La proroga alle medesime condizioni fino al 30 settembre 2020 dei prestiti non rateali che, diversamente, sarebbero scaduti prima del 30 settembre 2020;
- La sospensione fino al 30 settembre 2020 del pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020, per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, con facoltà dell’Impresa di chiedere la sospensione dell’intera rata o dell’intero canone o solo della quota capitale.
Anche in tal caso, lo strumento utilizzato per ottenere i suddetti benefici all’Impresa è quello della richiesta indirizzata alla Banca di riferimento, supportata da apposita autocertificazione, ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 “di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19”.
Interessante è anche la nozione di “Impresa”cui fa riferimento la norma in esame. Il comma 5°, infatti, richiama la definizione di “microimprese”, nonché di “piccole e medie imprese”contenuta nella Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003, secondo cui sono microimprese e PMI tutte le Imprese aventi sede in Italia, appartenenti a tutti i settori (quindi, anche le imprese artigiane), con meno di 250 dipendenti e con fatturato inferiore a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
Si noti, al riguardo, che l’art. 1 dell’allegato alla detta raccomandazione considera “Impresa, ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.”Si noti, che il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), con nota del 17 marzo u.s., ha ricompreso tra le imprese anche i lavoratori autonomi titolari di partita IVA (tra cui, i professionisti e le ditte individuali) e, quindi, anche la categoria degli avvocati.
I requisiti necessari per ottenere la moratoria dei finanziamenti, sono costituiti dalla insussistenza–
– al momento dell’inoltro della comunicazione – di posizioni debitorie a carico dell’Impresa, classificate come esposizioni deteriorate, ripartite nelle categorie delle sofferenze, inadempienzeprobabili, esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate. In particolare, non deve avere rate scadute (ossia non pagate o pagate solo parzialmente) da più di 90 giorni.
In breve, l’Impresa deve essere in bonis. Tuttavia, dato che, come visto, l’epidemia da COVID-19 è stata formalmente riconosciuta come “evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia”, anche le misure previste nel Decreto legge “Cura Italia” non vengono considerate come misure di mera tolleranza e, pertanto, si ritiene in bonis,anche l’Impresa che abbia già ottenuto misure di sospensione o di ristrutturazione dello stesso finanziamento nell’arco dei 24 mesi precedenti, che potrà, dunque, avvalersi ugualmente anche della moratoria in esame.
L’aspetto più interessante della misura in esame è costituito dal fatto che le Imprese sono tenute soltanto a presentare alla propria banca/intermediario finanziario la specifica comunicazione, con la quale dichiarano di volersi avvalere della detta moratoria, corredando tale comunicazione della dichiarazione con la quale l’Impresa medesima autocertifica, ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000, di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19, secondo il modello di cui si dirà appresso.
La Banca, infatti, è tenuta soltanto a ricevere la comunicazione e ad accettare tutte le comunicazioni di moratoria che rispettino i requisiti previsti dal decreto-legge, sopra indicati.
Ciò significa che l’intermediario creditizio non deve altresì verificare la veridicità delle autodichiarazioni effettuate dalle Imprese, ma solo che la predetta comunicazione contenga gli elementi sopra indicati.
La comunicazione può essere inviata da parte dell’impresa anche via PEC, ovvero attraverso altre modalità che consentano di tenere traccia della comunicazione con data certa.
Ovviamente, la moratoria in esame potrà applicarsi ai soli finanziamenti già ottenuti dalle Imprese alla data di entrata in vigore del D.L. n. 18/2020, cioè alla data del 17 marzo 2020 e riguarderà non soltanto il finanziamento principale ma anche gli elementi accessori del medesimo quali ad esempio le garanzie e le varie forme di assicurazione applicate. Di conseguenza, anche questi contratti sono prorogati senza formalità, automaticamente, alle condizioni del contratto originario.
Secondo quanto precisato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con FAQ del 22 marzo 2020, la comunicazione dell’Impresa dovrà contenere i seguenti elementi:
– l’indicazione del finanziamento per il quale si presenta la comunicazione di moratoria;
– la dichiarazione “di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza della diffusione dell’epidemia da COVID-19”;
– l’autodichiarazione di soddisfare i requisiti per la qualifica di micro, piccola o media impresa, secondo la Raccomandazione citata;
– la dichiarazione di essere consapevole delle conseguenze civili e penali in caso di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000.
Sottolineiamo, comunque, che è opportuno che l’Impresa contatti la banca o l’intermediario finanziario per valutare le opzioni migliori, tenuto conto che nel decreto-legge in discorso sono previste anche altre importanti misure a favore delle imprese, ad esempio quelle che prevedono l’intervento del Fondo di garanzia PMI – che sarà oggetto di successivo approfondimento – che possono collegarsi con la misura della moratoria. Le banche possono inoltre offrire ulteriori forme di moratoria, come ad esempio quelle previste dall’apposito accordo tra l’ABI e le rappresentanze di impresa, ampliato e rafforzato il 6 marzo scorso (cfr. Accordo per il credito 2019, come modificato dall’Addendum del 6 marzo 2020).
La normativa prevede espressamente l’assenza di nuovi e maggiori oneri per entrambe le parti, le imprese e le banche. Le rate sospese vengono in tal modo accodate, salvo che l’Impresa opti per la moratoria delle sole quote capitale delle rate, con la conseguenza che in tal caso nel periodo di sospensione saranno pagati i soli interessi. Diversamente, il rimborso degli interessi riprenderà a far data dalla prima rata di rimborso del capitale e verrà ripartito proporzionalmente su tutte le rate rimanenti del piano.
Fonte: bancheepotere.it