Di Tone Loan
Mentre la casa brucia, con la pandemia, la crisi economica, la disoccupazione, la povertà che avanza, il degrado ambientale, l’angosciosa incertezza del futuro per tutte le nuove generazioni, la politica cosa fa? Litiga!
Come nelle migliori tradizioni della prima Repubblica, è scattata ieri la verifica di maggioranza. Il Presidente del Consiglio Conte ha ricevuto le delegazioni del Movimento Cinque Stelle e del PD.
I grillini, asse portante dell’assetto governativo, non vogliono “sfasciare tutto”. Ma hanno grossi problemi interni e, forse, cambiare qualche casella nei ministeri potrebbe far loro comodo.
Il Partito Democratico chiede un rilancio dell’azione di governo, ha anche espresso velate critiche alla conduzione di Conte, ma non ha alcuna intenzione di aprire una crisi. Il PD definisce una eventuale crisi al buio “un’avventura pericolosa” che “non prospetta alcunché di buono per il futuro della Repubblica”. Tuttavia fra i “democrats” è forte la pressione di chi chiede un rafforzamento del ruolo del partito nella coalizione.
Ma la minaccia per la vita dell’esecutivo viene da Italia Viva, il partito di Matteo Renzi che chiede di cancellare tutta l’impostazione della governance del Recovery plan italiano pensata da Giuseppe Conte. Renzi, per quello che valgono le dichiarazioni pubbliche, intende andare avanti fino al limite della rottura su questioni di merito che non sono campate in aria, dalla collegialità delle scelte alla difesa delle prerogative della politica, cioè dei ministri, di fronte ai tecnici, cioè la task force voluta da Conte. Soprattutto Italia Viva non ha tollerato di essere esclusa dalla “cabina di regia” per l’utilizzo dei fondi europei e ne chiede la cancellazione totale, accompagnata da pubbliche scuse del premier.
«Conte – ha detto Ettore Rosato, coordinatore di Italia Viva – in un salotto ha diviso 200 miliardi di euro senza coinvolgere nessuno. Non è motivo serio per dire che così non si fa? Per noi sì. La minaccia delle elezioni con noi non funziona, noi poniamo questioni di metodo e di sostanza. L’obiettivo non è far uscire Conte ma lavorare seriamente sul Recovery, un’occasione unica che non si può sprecare».
Tutti si chiedono dove vuole arrivare il senatore di Rignano sull’Arno, fin dove è disposto a spingere il carro lungo un pendio ripido e scivoloso. Si potrebbe pensare che il suo vero obiettivo sia proprio quello di rimettersi al centro della vicenda politica e dell’attenzione mediatica, mossa abile ma azzardata, perché a spingere il carro sul ciglione di un pendio scosceso e scivoloso, si rischia di precipitare.
Forse il capo di Italia Viva crede davvero di avere in mano le carte per staccare la spina al governo Conte bis subito dopo la sessione di bilancio, cioè nei giorni di fine anno, e rifare un altro governo “in cinque minuti”. Lo scopo recondito, ma neanche tanto, potrebbe essere quello di far fuori Conte e di sostituirlo, a maggioranza invariata, con un altro premier. Oppure esistono contatti strisciati con l’altro Matteo, il Salvini, per un governo di salute pubblica, magari diretto da Mario Draghi?
Ipotesi non impossibili, ma tutte estremamente problematiche quando si tratti di passare dalle parole ai fatti. Se una previsione si può tentare, è verosimile che i renziani si accontentino di un compromesso sulla task force che, comunque, ridimensioni la figura di Giuseppe Conte. Su questa strada contano di approfittare anche dei malumori che covano nelle altre forze di maggioranza nei confronti dell’eccessivo accentramento di poteri nelle mani del premier. E si può ipotizzare che un rimpasto della formazione governativa, senza troppi stravolgimenti invisi al Colle più alto, per aggiustare qualche equilibrio interno.
Ma ci sembra lecito nutrire un sospetto: Renzi si è fatta una solida fama, non immeritata, di uomo politico abile ma spregiudicato e infido. Egli sa benissimo che, stando a tutti i sondaggi, il suo piccolo partito scissionista non ha alcuna speranza di rientrare nel futuro Parlamento. Vuoi vedere che, dietro i motivi di facciata, il vero oggetto di scambio, per tenere in vita il governo, sarà la legge elettorale?